Nei suoi primi quattro giorni di programmazione in sala, “Joker” di Todd Phillips ha incassato la stupefacente cifra di 6.263.908€. Così come l’adattamento del personaggio portato sullo schermo da un indimenticabile e indimenticato Heath Ledger ne “Il Cavaliere Oscuro” – oggi reinterpretato da un altrettanto magnifico Joaquin Phoenix – anche delle reali origini di Joker esistono più versioni. Se è nota l’identità dei genitori del personaggio, ossia Bob Kane (ideatore di un vigilante mascherato di nome Birdman), Bill Finger (geniale sceneggiatore mai troppo celebrato, che aiutò Kane a trasformare Birdman in Batman) e Jerry Robinson (il primo allievo disegnatore di Kane, divenuto a sua volta una leggenda del fumetto), a cambiare secondo le versioni è il grado di coinvolgimento dei tre nel processo creativo: alcuni storici del fumetto sostengono fu proprio Finger a decidere che il nuovo villain di Batman dovesse essere modellato sulle fattezze del Conrad Veidt de “L’Uomo Che Ride” – diretto da Paul Muni nel 1928 – mentre secondo altri fu Robinson ad ispirarsi al Jolly delle carte da Poker, suggerendo a Finger di utilizzare Veidt come modello. Quanto accadde dopo il 25 Aprile 1940, quando Joker debuttò sul primo numero della serie autonoma dedicata a Batman, invece è storia: il clown principe del crimine, spietato assassino dai capelli verdi, la pelle bianca, le labbra rosse deformate in un sorriso perenne e la risata terrificante divenne tanto popolare da incarnare non solo la nemesi perfetta e più ricorrente del crociato incappucciato (un po’ come il Moriarty di Sherlock Holmes), ma da arrivare addirittura a eguagliarne la popolarità presso i lettori. Una grande intuizione dei tre autori, che decisero all’ultimo di risparmiare il personaggio dalla morte cui era destinato nella sua prima apparizione, avendone subito inteso il potenziale. Sono passati quasi ottant’anni da allora e Joker ha dietro di sé una storia editoriale che attraversa fumetti, graphic novel, letteratura, cinema live action, televisione, animazione e videogiochi, rendendolo ben più che una semplice icona pop: Joker è ormai un mito moderno, in grado di adeguarsi al progresso, sempre pronto a riproporsi in nuove forme, versioni e interpretazioni, sempre diverso eppure sempre immediatamente iconico e riconoscibile.
Apparso per la prima volta nel 1940, è presto tracciato il suo profilo psicologico: un criminale sadico e ingegnoso, che uccide in maniera crudele con un veleno – successivamente ribattezzato Smilex – che agisce dopo alcune ore e che deforma il viso delle vittime in un ghigno grottesco. Il criminale ha anch’egli il volto solcato da un sorriso che lo fa assomigliare in tutto alla celebre carta da gioco, ma è subito chiaramente spiegato che il suo è soltanto un sorriso apparente ed esteriore: dentro di sé prova soltanto un odio cieco nei confronti dell’umanità. Nei primi due anni di esistenza letteraria Joker uccide una dozzina di persone e arriva addirittura a deragliare un treno: è un assassino violento, che si nasconde in covi dove usa collezionare maschere e trofei clowneschi e che soprattutto riesce a fuggire ogni volta che viene catturato, nonostante gli sforzi dei tutori della legge. Siamo ancora negli anni quaranta e gli editori (che consideravano Batman un fumetto troppo pulp e violento per un pubblico pre-adolescenziale) cominciarono a fare pressioni per smussare i toni più violenti delle storie; nelle sue successive apparizioni, Joker comincia diventa via via sempre meno pericoloso, gli omicidi sono progressivamente sostituiti dai furti e l’efferatezza del personaggio – che nel giro di qualche anno si evolve da sadico assassino a simpatico imbroglione – diminuisce sempre più.
Nel 1951 Finger rivela parte delle origini misteriose del personaggio, creato involontariamente dal supereroe: era l’uomo che sarebbe diventato Joker a nascondersi dietro la maschera di Red Hood, criminale cui il pipistrello mascherato dava la caccia all’inizio della sua carriera di vigilante e che credeva di avere ucciso dopo averlo fatto precipitare in una vasca piena di pericolose sostanze chimiche, che lo sfigurarono a tal punto da attribuirgli le tradizionali fattezze. Dalla metà degli anni ’50 Joker abbandona ogni tendenza omicida ed è trasformato in un burlone, non troppo intelligente, il cui unico scopo è riservare qualche “scherzetto” a Batman e Robin. Il declino prosegue fino agli anni ’60, quando ormai le sue apparizioni sono sporadiche. Per ritrovare la popolarità perduta bisogna attendere il successo oltre ogni aspettativa delle serie televisiva, trasmessa da ABC a partire dal 1966, in cui Joker è interpretato da Cesar Romero, storico caratterista di origini cubane, celebre per i suoi ruoli da latin lover nei film della vecchia Hollywood, che si rifiutava categoricamente di radersi i baffi per il ruolo: il suo Joker col trucco bianco che prova a coprire i baffi è modellato sugli ultimi vent’anni di carriera fumettistica del personaggio e, di conseguenza, non è mai particolarmente malvagio, pur essendo quasi sempre a capo di pericolose gang di criminali che, inspiegabilmente, lo seguono ciecamente. Tuttavia, la serie tramonta nel giro di tre stagioni e con essa anche il personaggio, che per qualche anno sparisce da ogni albo a fumetti dedicato a Batman.
Negli anni Settanta avvengono numerosi cambi ai vertici della DC Comics e la serie di Batman è affidata a due leggende del calibro di Dennis O’Neil e Neil Adams. I due artisti, che hanno già restaurato gli originari toni dark delle storie di Bruce Wayne dopo anni dell’edulcorazione (e decisamente prima dei ben più noti Frank Miller, Alan Moore e Grant Morrison), intuiscono che un personaggio come Joker non merita di scomparire. Nel 1973, con la pubblicazione della storia “La vendetta in cinque atti del Joker”, il clown malvagio ritorna finalmente ai fasti di un tempo: la nuova incarnazione del Joker è più spaventosa nel look ma soprattutto è spietata e non esita ad uccidere nei modi più crudeli, dal classico Smilex fino ai sigari imbottiti di nitroglicerina che fanno esplodere la testa al malcapitato di turno. È l’inizio di una nuova era. Ma è il lavoro di Steve Englehart e Marshall Rogers a definire le caratteristiche chiave che Joker avrà di lì in avanti: il criminale è descritto come completamente in preda alla follia, tanto che quest’ultima risulta essere il suo unico vero superpotere e l’unico filtro attraverso il quale guarda al mondo. Joker ama i riflettori ed è sempre alla ricerca di un pubblico che mira a stupire attraverso efferatezze di ogni sorta, da lui viste come opere d’arte. L’immagine più nota di Joker di quel periodo è la copertina di “The Laughing Fish”, storia apparsa su Batman’s Detective Comics, n. 475 del 1978, in cui il pagliaccio gangster sfigura crudelmente alcuni pesci rendendoli simili a sé stesso e pretendendo poi il copyright sull’opera.
Il decennio successivo però è quello della consacrazione definitiva sia per Batman che per Joker: nel 1986 Frank Miller dà alle stampe il capolavoro “Il Ritorno del Cavaliere Oscuro”, in cui Joker ha un ruolo marginale, ma è nel biennio ‘88/‘89 che Joker raggiunge un picco di popolarità inedito fino a quel momento. Nel 1988 Alan Moore e Brian Bolland pubblicano “The Killing Joke”, la prima graphic novel dedicata interamente al rapporto tra Batman e Joker e destinata a diventare un must have per i lettori di tutto il mondo, nella quale le origini di Joker vengono rinarrate dallo stesso criminale (l’uomo dietro al cappuccio rosso era un comico fallito e distrutto dall’improvvisa morte della moglie incinta) che, dopo aver ferito e paralizzato la figlia del Commissario Gordon, tenta di dimostrare a Batman che per sprofondare nel baratro della follia basta semplicemente una giornata andata male. Nello stesso anno inizia la pubblicazione della serie “Una morte in famiglia”, che culmina nel 1989 con l’uccisione del secondo Robin (Jason Todd) per mano di Joker, che lo massacra con una spranga di metallo. Con la rinnovata popolarità presso i lettori dei comics arriva quindi il momento per Joker di essere immortalato su celluloide: nel giugno del 1989 arriva nelle sale statunitensi “Batman”, diretto da Tim Burton, uno dei maggiori successi commerciali degli anni ottanta nonché base di partenza – insieme con Superman di Richard Donner – di quello che nei decenni successivi sarà il fortunato filone dei supereroi al cinema.
Nel classico di Burton, interamente incentrato sul rapporto tra Batman e Joker – che in questa versione è addirittura l’assassino dei genitori di Bruce Wayne, dimostrando che non esiste Batman senza Joker e viceversa –, a prestare il volto all’iconico criminale è un gigantesco Jack Nicholson che regala al grande schermo una delle sue performance più memorabili. Il suo Joker è la sintesi perfetta di tutto ciò che il personaggio è stato nei precedenti cinquant’anni di comics: crudele com’era difficile aspettarsi all’epoca (“più sei spaventoso e più i bambini ti ameranno”, ricorda l’attore nelle interviste per l’edizione home-video), il suo Joker ama definirsi artista e vede i propri crimini e le proprie azioni, persino le più orribili, come performance d’avanguardia. Quello di Nicholson è un Joker spinto da motivazioni assurde come quello visto negli anni settanta (vuole la sua faccia stampata sulle banconote da un dollaro) ed è violento come quello degli anni ottanta: non l’anarchico che brucia i soldi, come vedremo di lì a qualche anno, ma l’artista impazzito che getta quei soldi tra la folla, osservando la gente che si scanna per accaparrarli prima di tentare una strage. L’interpretazione è talmente iconica che ci vorranno quasi vent’anni per rivedere un altro Joker sullo schermo.
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Nel frattempo, però, Batman torna in televisione, questa volta come cartoon, nella popolarissima “Batman: The Animated Series” realizzata da Paul Dini. Ispirata alle atmosfere burtoniane, la serie del ‘92 vede naturalmente Joker tra i villain più ricorrenti e questa volta il diabolico clown è doppiato da un grandissimo Mark Hamill, che contribuisce a creare una delle incarnazioni più note del personaggio: questa versione non lo declina in un criminale molto pericoloso ma in uno decisamente carismatico, che ogni tanto infrange addirittura la quarta parete, rivolgendosi direttamente al pubblico con qualche anno di anticipo rispetto a Deadpool. All’interno di questa serie appare anche per la prima volta Harley Quinn, al secolo dottoressa Harleen Quinzel del manicomio criminale di Arkham – del quale Joker è ospite fisso – grande amore del villain che ottiene così tanto successo da apparire anche negli albi a fumetti. Nel 1996 si assiste a un’avventura fumettistica particolare e molto interessante, in cui Batman avrà il difficilissimo compito di scagionare Joker da un crimine che non ha mai commesso: la giustizia è sacra e questo vale anche per il peggior criminale del mondo dei comics.
La più grande rilettura recente del personaggio avviene non nel mondo della carta ma in quello della settima arte: è Christopher Nolan, con “Il Cavaliere Oscuro” e con l’aiuto di un immenso Heath Ledger, a rileggere completamente il personaggio e a consegnare al pubblico dopo quasi settant’anni un Joker completamente nuovo, figlio dei propri tempi e con un nuovo scopo. Il Joker di Ledger, vagamente ispirato alla versione nata dalla matita di Lee Bermejo, è un punk che si trucca e il suo ghigno è dato da cicatrici che si è autoinflitto. È un personaggio che appare dal nulla e cambia versione sulla sua storia ogni volta, senza passato e senza morale, la cui follia non si manifesta con la voglia di creare arte col crimine ma con quella di vedere il mondo bruciare: il suo scopo è quello di scatenare l’anarchia totale, osteggiando le istituzioni e dimostrando l’ineliminabile malvagità dell’animo umano. Questa incarnazione del personaggio ha fatto naturalmente molto discutere ma anche i puristi più irriducibili riconoscono l’innegabile talento di un Ledger, premiato con un Oscar postumo, la cui morte prematura durante la post-produzione ha reso il film un cult prima ancora della sua uscita nelle sale.
Negli anni più recenti le avventure a fumetti di Batman sono state rinarrate all’interno del reboot complessivo dell’universo DC noto come “The New 52”. Il nuovo Joker è probabilmente la versione visivamente più disturbante del personaggio: dopo che un criminale di nome Dollmaker gli ha letteralmente strappato la faccia, Joker scompare per un certo periodo e viene creduto morto, salvo poi riapparire con la pelle malamente reinserita sul volto e tenuta ferma da una serie di graffette, facendolo somigliare lontanamente al leggendario Leatherface di “Non aprite quella porta”. Al cinema lo abbiamo rivisto nel fallimentare “Suicide Squad”, interpretato da un Jared Leto che cerca di distaccarsi in ogni modo dalle pesantissime figure di Nicholson e Ledger, creando un Joker fumettistico, con il ritorno al classico permawithe, sopra le righe anche per gli standard del personaggio (è palestrato, ricoperto di tatuaggi e ha i denti ricostruiti con una lega di metallo), qui accompagnato per la prima volta al cinema da una, lei sì ottima, Harley Quinn di Margot Robbie. Nonostante gli sforzi, il risultato è il peggior Joker visto al cinema, figlio della grossa confusione di cui era preda la Warner Bros al momento della realizzazione e in fase di montaggio. Joker è apparso di recente anche nella non proprio memorabile serie televisiva “Gotham”, che narra le origini dell’uomo pipistrello: nel corso della serie l’iconico personaggio è trasformato nei gemelli Jerome e Jeremiah Valeska (Cameron Monaghan), con il secondo che compare con l’iconico look nel finale dell’ultima stagione.
Giunto alla vigilia delle ottanta candeline, Joker festeggia alla grande con un film tutto suo, con il quale Joaquin Phoenix battaglierà senz’altro per la statuina più ambita, dopo aver stregato il pubblico del Mostra di Venezia. Il mito è più vivo che mai e pronto a stupirci ancora con nuove incarnazioni.