La tanto attesa, e più volte rinviata, riorganizzazione del M5s è arrivata: Luigi Di Maio ha presentato la squadra di facilitatori che lo affiancherà nella gestione del Movimento. Ma la strada si preannuncia in salita. Perché il “team del futuro”, presentato domenica al Tempio di Adriano a Roma, cade nel momento più drammatico della vita del M5s, segnato da lotte intestine, smottamenti (tre senatori appena transitati alla Lega), crisi d’identità. Non sorprende che la diffidenza nei confronti della nuova operazione sia altissima. Il capo politico, più volte finito nel mirino dei suoi stessi parlamentari ha chiarito: «Il team del futuro non è la panacea di tutti i mali, non risolve tutti i problemi. È fatto di facilitatori, non di decisori».
In totale sono sei i coordinatori nazionali scelti da Di Maio e ratificate dalla piattaforma Rousseau: Enrica Sabatini, Paola Taverna, Barbara Floridia, Ignazio Corrao, Danilo Toninelli, Emilio Carelli. Al loro fianco anche dodici squadre tematiche, con altrettanti dodici referenti: Luciano Cadeddu (Agricoltura e pesca), Giampiero Trizzino (Ambiente), Vincenzo Presutto (Economia), Iolanda Di Stasio (Esteri e Ue), Valentina D’Orso (Giustizia e Affari istituzionali), Gennaro Saiello (Imprese), Luca Carabetta (Innovazione), Dino Giarrusso (Istruzione, ricerca e cultura), Maria Pallini (Lavoro e famiglia), Valeria Ciarambino (Sanità), Luca Frusone (Sicurezza e difesa) e Andrea Cioffi (Trasporti e infrastrutture).
In platea ad ascoltare la presentazione, trasmessa in diretta streaming, il figlio del cofondatore del Movimento Davide Casaleggio e parte dei parlamentari. Assente Beppe Grillo. Davanti ai suoi riuniti per l’occasione, Di Maio ha elencato le prossime tappe del percorso di riorganizzazione che dovranno portare agli stati generali e poi a «progettare i prossimi 20 anni dell’Italia». «Il processo è partito quasi un anno fa – ha detto il ministro degli Esteri – e non è stato semplice. L’anno che sta per concludersi è quello in cui il Movimento ha raggiunto i dieci anni. Siamo l’unica forza politica che fa decidere direttamente agli iscritti, anche se formare il governo. Gli unici a concepire un programma partecipato, per farlo diventare un programma di governo». L’idea che sta alla base della riorganizzazione è il fatto che serva un maggiore coordinamento con gli esponenti sui territori per garantire un maggiore coinvolgimento. «Da quando siamo al governo ci sono tanti nostri eletti che dicono ‘abbiamo un tema, sviluppiamolo insieme’. Vogliamo poter mettere insieme persone, coinvolgerle per tradurre in idee concrete le tante proposte che ci sono sui territori. Ogni cosa che pensiamo si deve tradurre in una iniziativa sul territorio per aggregare persone. Il nostro fine è produrre l’idea migliore per risolvere i problemi degli italiani».