«Grazie del Fiore» canticchia Amadeus, gongolando per il record d’ascolti. Dopo quindici anni, la prima serata del Festival supera il 50% di share. Cammina leggero, come librandosi sulla nuvoletta dei sogni, ascoltando i complimenti dei vertici Rai. È arrivato a Sanremo anche l’amministratore delegato Salini per congratularsi con lui. Il soldatino della tv generalista è l’antieroe che diventa il Badoglio nelle stagioni buie della politica e del piccolo schermo. Amadeus, l’uomo senza qualità, ha sfoderato quella qualità che in fondo più piace agli italiani: il timido che mette in riga il prepotente, il Gattuso che batte Ronaldo, il Fantozzi che spernacchia il potente di turno.
Miracolato dall’unico Matteo che funziona in Italia: don Matteo-Fiorello. Davanti al quale il conduttore del Festival fa un passo indietro, cedendogli il posto al tavolo della conferenza stampa. E, questa volta, “Ciuri”, libero dagli assilli degli ascolti, assume il ruolo che gli compete: quello del direttore artistico in pectore. «52,2%..minchiaaaaa… Non pensavo che andasse così bene» debutta lo showman siciliano. A lui la puntata di debutto è piaciuta. «Achille Lauro mi ha fatto morire. È teatro, spettacolo, mi sembrava Belfagor all’inizio… Poi, mi giro un attimo, e l’ho visto nudo. Mi ha divertito molto».
Fiorello, però, avrebbe fatto un altro Festival: «Più breve, che duri dalle 20.30 alle 23.45, con canzoni più corte, di due minuti e mezzo», parla da direttore artistico. Tuttavia si rifiuta di raccogliere l’eredità di Pippo Baudo: «No, no, il direttore artistico non lo faccio, perché mai, ad esempio, avrei saputo rispondere sulle polemiche, come sul caso di Roger Waters. Qui, come ha detto Amadeus, siamo una squadra: lui fa il mediano, io devo fare il gol. Voi credete che mi chiamino e mi dicano: “Fai poco”?». E assicura: «Sono qui come ospite, ma non lo farò più, perché l’ho fatto troppe volte. Magari verrò in gara come cantante. Mi piacerebbe tornare a fare il cantante serio. Ho anche un sacco di amici che potrebbero scrivere per me canzoni davvero belle. Da Lorenzo Jovanotti a Giuliano Sangiorgi, a Biagio Antonacci».
A toglierlo dall’imbarazzo, squilla il telefono: «Vediamo chi è… Ah, il Santo padre», scherza. «Non ha disdetto l’abbonamento alla Rai». Si torna al clima da villaggio turistico. E Fiorello racconta che per il suo travestimento da don Matteo aveva ricevuto in mattinata il rimprovero della madre: «”Ma ti vestisti da parrino?”, mi ha chiesto. “Sti cose non si fanno… ora il Papa chi dici… Ora ti finisce come a Amadeus”. Perché lei legge i titoli dei giornali, “Amadeus nella bufera”, e si preoccupa… Anche quando facevo il personaggio di padre Georg mi ripeteva: “Finiscila, non si fanno queste cose”». Com’è sua consuetudine si finisce con una risata. Pensando all’indomani, quando gli ascolti scenderanno: il tradizionale “calo fisiologico”. «Se facciamo il bis mi vesto da cantante mascherato, da coniglio», scommette, invitando il direttore di Rai1 a travestirsi da mostro.
La vittoria di Fiorello va oltre il mero risultato numerico. Lo showman siciliano, infatti, è riuscito a trasferire il Festival dal televisore agli smartphone. L’evento televisivo è diventato l’evento social. Perché se il dato dello share (52,2%) è record e indica che ha guardato Sanremo più della metà degli italiani che martedì sera aveva acceso il televisore, il numero degli spettatori, calato a 10 milioni e 58 mila, indica che il pubblico tv è diminuito di 3 milioni di persone. L’attenzione allora si sposta alla “total audience”, ovvero al pubblico che guarderà lo show per intero o, più probabilmente, in frammenti. Un buon risultato dipende da come il “contenuto Festival” sarà distribuito, “clippizzato”, reso disponibile in modo estensivo. Attraverso i social, YouTube, il web e Raiplay, ciascuno oggi è libero di costruirsi il proprio Festival e di vederlo quando e come vuole, evitando così di seguire per intero la sfibrante e tediosa maratona tv, in cui le canzoni in gara continuano a essere un riempitivo tra una gag, un monologo, un ospite e una caterva di spot. I segnali sono positivi: il Festival registra un incremento dell’8% sul fronte dei social e raddoppiano le visualizzazioni su Raiplay.
Questo il ruolo di Fiorello, lo stratega della nuova tv: aprire l’era del Festival della “total audience”.