Mentre il Ppe rinvia ancora la decisione se espellerlo definitivamente dal partito, il premier ungherese Viktor Orbán partecipa alla “National Conservatism Conference”. Si tratta di un importante appuntamento annuale ideato dalla Edmund Burke Foundation, un think tank olandese di ispirazione conservatrice, che quest’anno si è tenuta a Roma, con la collaborazione dell’associazione politico-culturale italiana Nazione Futura e di altre associazioni omologhe in Europa, Stati Uniti e Israele.
La maggioranza dei leader del partito del Ppe riuniti a Bruxelles per l’assemblea politica annuale del loro partito ha votato la mozione del presidente Donald Tusk che chiedeva di prolungare a tempo indeterminato la sospensione dal gruppo del primo ministro ungherese Viktor Orbán. La richiesta di Tusk è arrivata in conseguenza alle posizioni di Orbán in termini di libertà civili e stato di diritto. La decisione segna un punto assai grave nelle relazioni tra il partito della destra ungherese e quella europea, perché potrebbe condurre Orban, risentito, a uscire dal gruppo parlamentare europeo nel quale ha sempre militato, per spostarsi ancora più a destra. E l’Ecr, il gruppo dei Conservatori e riformisti che include i polacchi del Pis di Jaroslaw Kaczynski oltre agli eletti di Fratelli d’Italia, ci spera: «Orbán verrà da noi – dicono alcune fonti -la via è tracciata».
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«Io credo che il fatto di aver sospeso la decisione su Orbán sia un modo anche per il Ppe di chiarirsi al suo interno. Il Ppe, infatti, è diviso tra chi vuole un’alleanza verso destra e chi vuole un’alleanza verso sinistra. È spaccato e deve decidere cosa fare della sua vita», ha sostenuto Meloni prima della partenza per Washington per partecipare all’evento dei conservatori, “National Prayer Day”. «Se Orbán poi dovesse fare delle scelte alternative al Ppe – ha poi aggiunto Meloni – è evidente che la famiglia naturale di Orbán sarebbe quella dei Conservatori, dove siamo noi in Europa».
Felice di aver reincontrato oggi a Roma l’amico premier ungherese Viktor Orbán! 🇮🇹🇭🇺 pic.twitter.com/76oNAbjN6r
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) February 4, 2020
Anche se Salvini non è più al potere il sogno sovranista non si è infranto. Con il segretario leghista, i rapporti personali, sviluppati nel primo incontro nell’agosto del 2018 a Milano e poi con la visita di Salvini in Ungheria nel maggio dell’anno successivo, restano “ottimi”. Salvini, che nella capitale non ha partecipato al convegno “National Conservatism Conference”, ha incontrato Orbánin una abitazione privata. Anche se ormai la Lega ha avviato un percorso di revisione della politica estera verso sentieri più moderati affidato a Giancarlo Giorgetti, comunque con Orban «condivide alcune idee sull’Unione europea», in particolar modo in tema di immigrazione. All’incontro Salvini-Orban, durato oltre un’ora, erano presenti anche Giorgetti, e i due europarlamentari Marco Campomenosi e Marco Zanni. L’ufficio stampa, che ha diffuso la foto dei due leader mentre si stringevano la mano, lo ha definito un «incontro molto cordiale», in cui si è parlato della situazione internazionale e delle prospettive per Italia e Ungheria.
Ho incontrato il primo ministro ungherese Viktor Orbán, leader di Fidesz. A Palazzo Grazioli ci siamo confrontati sui principali temi di politica italiana e internazionale. @EPPGroup pic.twitter.com/CMhBQntJpW
— Silvio Berlusconi (@berlusconi) February 4, 2020
Anche Berlusconi si è ritagliato un ruolo diverso dagli altri leader del centrodestra. Da sempre rappresenta per Orbán la “spalla” per la sua permanenza nel Ppe diventato nei confronti del primo ministro ungherese per le leggi liberticide e la “democrazia illiberale”, come lui stesso ha definito il suo regime. È altrettanto vero, però, che per il Ppe rinunciare ai 13 seggi di Fidesz non è una scelta indolore. E Berlusconi tenta l’ultima mediazione: «Mi auguro che si possa trovare un punto di incontro tra le diverse posizioni. Forza Italia continuerà ad impegnarsi affinché Orbán non lasci la famiglia del Partito Popolare Europeo», ha detto Berlusconi chiedendo al contempo «a Fidesz di inviare segnali positivi».