All’origine dell’acufene vi possono essere traumi di natura psicologica ad elevata componente stressante, ma è anche vero che gli acufeni di per sé vanno ad incrementare l’ansia nei soggetti interessati, instaurando un circolo vizioso apparentemente senza uscita. In questo periodo di confinamento forzato in casa a causa dell’emergenza coronavirus la percezione dei rumori nelle orecchie viene amplificata. E la presenza di un virus sconosciuto scatena ansie e paure che influiscono negativamente sull’acufene. Diversi studi hanno dimostrato che elevati livelli di stress possono agire sulla funzione dell’orecchio interno e sulla percezione soggettiva dell’acufene incrementandone il livello e consequenzialmente l’importanza del disturbo correlato.
Da mesi si assiste ad un aumento dei pazienti acufenopatici alla ricerca disperata di aiuto. I pazienti riferiscono di sentire un fortissimo rumore all’orecchio, che determina anche tachicardia, confusione mentale, agitazione e tremore. Si tratta nella maggior parte dei casi di acufenici abituati nel tempo a sentire un rumore di sottofondo, ma che da alcuni mesi non riescono più a gestire. La paura, l’ansia, lo stress che vivono quotidianamente a causa dell’isolamento forzato e delle notizie sul coronavirus che arrivano dai telegiornali sono responsabili dell’intensificazione dell’acufene.
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In questi giorni drammatici, di quarantena forzata, gli stessi pazienti vivono una alterazione del ciclo sonno-veglia, manifestano patologie del sonno, non riescono a dormire e nel silenzio dell’ambiente domestico percepiscono ancora più intenso il loro acufene. Inoltre, la paura e l’ansia inducono i pazienti acufenopatici a ricercare, inconsciamente, il loro acufene: non riuscendo a concentrasi su altro e a distrarsi pensano costantemente a questo rumore che pervade la testa e l’orecchio, e ciò determina ancora più ansia e stress. Si entra così in un circolo vizioso che inevitabilmente rende il paziente acufenopatico ancora più instabile, più stressato, più depresso. Condizione che va ad aggravarsi se il paziente acufenopatico ha lottato per gestire il suo acufene senza ottenere risultati. In questi casi dopo la reazione ansiosa arriverà la fase depressiva: la mente abbandona la battaglia e il risultato è l’aumento della percezione dell’acufene. Per cui è utile affiancare ai trattamenti specifici per l’acufene le terapie intese a curare i sintomi di ansia o depressione.
La percezione dell’acufene è espressione della personalità del soggetto, infatti si collega con la sensibilità del paziente, con le sue ansie, le sue emozioni e le sue esperienze individuali. Non tutti coloro che percepiscono l’acufene sviluppano ansia e stati depressivi, ma gran parte dei pazienti, soprattutto quelli in cui l’acufene è persistente, vivono una ansia disfunzionale, ossia immotivata o eccessiva rispetto all’evento che rappresenta il pericolo. L’acufene è un campanello d’allarme derivante dallo stress. Lo stress è una risposta a eventi dell’ambiente percepiti come dannosi o eccessivi rispetto alle risorse personali per affrontarli, come nel caso dell’emergenza coronavirus. Diversi studi clinici mettono in evidenza che una coclea fragile può essere bersaglio di scompensi generati da una reazione di stress eccessiva, e il primo segnale di disagio sarebbe proprio l’acufene.
Pur in assenza di dati univoci che indicano l’ansia come causa diretta dell’acufene, la conoscenza delle reazioni somatiche all’ansia lascia aperta la possibilità che l’acufene può essere causa, o almeno concausa, dell’ansia. Ma è ormai un dato oggettivo il fatto che se aumentano ansia e stress aumenta anche l’acufene. Quindi è bene eseguire una diagnosi differenziale e capire se l’acufene è insorto a seguito di un evento stressante e se prima non esisteva. In questi casi, se non vi è una patologia otologica alla base, l’acufene viene definito “acufene da stress”.
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L’acufene da stress quasi sempre ha sede indefinita, cioè il paziente dice di avere un fischio in entrambe le orecchie o un fischio nella testa. Raramente colpisce un orecchio solo e sempre quello. Ed è più facile il riscontro di una concomitante iperacusia, cioè una maggiore sensibilità ai suoni rispetto alle persone normoudenti. Nei casi di acufene soggettivo associato ad ansia e depressione bisogna che il paziente venga seguito da professionisti che hanno la competenza di gestire questi stati emozionali, difficilmente si arriva al supporto farmacologico. Il paziente con il supporto di uno psicoterapeuta cognitivo-comportamentale può così iniziare un percorso per imparare a gestire questi stati emozionali, distogliendo la propria attenzione dall’acufene.