La Coca Cola ha annunciato di essersi unita al boicottaggio di Facebook, Instagram, YouTube, Twitter e degli altri social media accusati di non fare abbastanza per combattere la presenza di contenuti d’odio e razzisti nelle proprie piattaforme. Il gigante americano ha detto che fermerà tutte le sue pubblicità sul digitale almeno per un mese a partire dal primo luglio. Al boicottaggio, promosso dalla campagna Stop Hate for Profit, hanno aderito altri colossi come Unilever e Verizon.
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Tutto ruota attorno ai contenuti a sfondo razziale, o comunque inneggianti l’odio, che vengono veicolati attraverso queste piattaforme. Un problema cronico, acuito dalla scelta iniziale di Mark Zuckerberg di non rimuovere o segnalare alcuni post controversi di Donald Trump sulle manifestazioni seguite alla morte di George Floyd. Scelta poi in qualche modo ritrattata, ma senza grossi risultati. Tanto che la campagna di boicottaggio esplosa da qualche settimana continua a farsi sempre più preoccupante. Soprattutto per un’azienda come Facebook che dalle inserzioni online guadagna circa 70miliardi di dollari l’anno.
Facebook riconosce che la sua applicazione delle normative non è perfetta, ma rivendica il raggiungimento di risultati importanti citando il recente rapporto della Commissione europea sui discorsi di incitamento all’odio, che ha rilevato che Facebook è leader del settore nella rimozione dei contenuti: l’87,6% dei contenuti segnalati è stato rimosso, in crescita rispetto all’82,4% dello scorso anno e contro il 79,7% di YouTube e il 35,9% di Twitter. Facebook è inoltre più veloce di altre piattaforme di social media nell’esaminare i contenuti.