Ha vinto il Sì. A scrutinio quasi finito e il Sì al referendum sul taglio dei parlamentari è oltre al 69% e il No sotto al 31%. È la più importante modifica dell’assetto istituzionale nella storia della Repubblica italiana: dalla prossima legislatura, i deputati passeranno da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200.
Il referendum costituzionale, il quarto nella storia repubblicana, chiedeva agli elettori se fossero d’accordo a ridurre un terzo dei parlamentari di Camera e Senato, modifica approvata in Parlamento nell’ottobre 2019 da praticamente tutti i partiti, ma sottoposta a referendum per via delle norme speciali che regolano la modifica della Costituzione.
LEGGI ANCHE: Dai parlamentari ai sindaci: quanto guadagnano i politici in Italia
La riforma prevede che i seggi alla Camera passino da 630 a 400 e quelli al Senato da 315 a 200: una riduzione di circa un terzo. Oggi ci sono un deputato ogni 96 mila abitanti e un senatore ogni 188 mila abitanti. Con il taglio ci sarà un deputato ogni 151 mila abitanti e un senatore ogni 302 mila: diminuirà dunque sensibilmente il numero di rappresentanti per abitante, ma l’Italia resterà comunque nella media degli altri paesi dell’Europa occidentale. Questo perché attualmente l’Italia è il paese con più rappresentanti eletti in numero assoluto (945 tra deputati e senatori) di tutta l’Europa occidentale. Con l’approvazione della riforma saranno ridotti anche i parlamentari eletti dagli italiani all’estero: passeranno da 12 a 8 e i senatori da 6 a 4. Verrà inoltre stabilito un tetto massimo al numero dei senatori a vita nominati dai presidenti della Repubblica: mai più di 5.
La legge sarà operativa non prima di 60 giorni dall’entrata in vigore: i tempi tecnici per il ridisegno dei collegi. Al di là di questo aspetto ce n’è uno più politico: quello legato alla riforma della legge elettorale, che dovrebbe ora essere messa in cantiere in tempi relativamente rapidi. Il ridisegno dei collegi potrebbe avvenire dunque dopo il varo di una nuova legge elettorale: e in questo caso il taglio dei parlamentari rimarrebbe, in qualche misura, «congelato». Quindi il taglio dei parlamentari non si riferisce all’attuale assetto di Camera e Senato: l’attuale parlamento resta pienamente legittimo, e la sua «formazione» non cambia. E né nell’attuale Parlamento, né nel prossimo, cambieranno le funzioni delle due Camere: il bicameralismo italiano resta, al netto di future e al momento imprevedibili riforme costituzionali, «perfetto».
Con il taglio si arriva a un risparmio annuo di 53 milioni alla Camera e di 29 milioni al Senato. L’Osservatorio sui conti pubblici diretto da Carlo Cottarelli ha fatto notare come, però, sia importante considerare anche le cifre nette. Parte dei compensi torna allo stato sotto forma di tasse: calcolato sullo stipendio netto il risparmio sarebbe di 37 milioni per la Camera e 27 per il Senato. A queste cifre vanno aggiunte le spese «generali» (gestione degli uffici, dalla cancelleria ai telefoni, fondi ai gruppi, ecc..) più difficili da quantificare (secondo alcune stime, si tratta di circa 30 milioni).