La violenza sulle donne, in tempo di Covid, con i riflettori accesi sulla pandemia ed i periodi di lockdown, ha semmai solo cambiato pelle. O mostrato altri volti. Il fenomeno c’è ancora, anzi si è ripresentato in tutta la sua drammaticità. Nei primi dieci mesi del 2020 le donne vittime di omicidio sono state 91, una ogni tre giorni, un dato in leggera flessione rispetto alle 99 dello stesso periodo dell’anno scorso. È quanto emerge dal VII Rapporto Eures sul femminicidio in Italia, secondo cui a diminuire significativamente in realtà sono soltanto le vittime femminili della criminalità comune (da 14 a 3 nel periodo gennaio-ottobre 2020) mentre risulta sostanzialmente stabile il numero dei femminicidi familiari (da 85 a 81) e, all’interno di questi, il numero dei femminicidi di coppia (56 in entrambi i periodi); in aumento (da 0 a 4) anche le donne uccise nel contesto di vicinato. In sostanza, l’incidenza del contesto familiare nei femminicidi raggiunge nel 2020 il valore record dell’89%, superando il già elevatissimo 85,8% registrato nel 2019.
Nasce spontanea una riflessione: la violenza domestica, sovente, sfugge alle maglie della giustizia e peggiora con il confinamento forzato nelle mura domestiche nelle quali mariti, fidanzati o compagni violenti hanno gioco facile. Il rischio di essere ancora più isolate da tutti, mentre il proprio spazio personale si è assottigliato, è stato devastante per molte donne. Nel periodo gennaio-settembre 2019 la punta massima è stata raggiunta nel mese di marzo con 38 omicidi e la soglia minima nel mese di giugno (20). Mentre, nel medesimo periodo del 2020, gli omicidi si riducono tra febbraio (16) ed aprile (18), per poi aumentare di poco a maggio (20), e più sensibilmente a giugno, con le riaperture, con 32 episodi.
Il rapporto dà conto anche dei «reati spia»: atti persecutori, stalking, maltrattamenti contro familiari e conviventi e violenze sessuali. Confrontando il periodo gennaio-settembre 2020 con l’analogo del 2019, emerge che nel 2020 l’andamento è altalenante, con numeri comunque inferiori rispetto a quelli dello scorso anno. Durante il lockdown si registra il minor numero di reati denunciati: un calo dovuto secondo gli analisti al timore delle vittime di subire ritorsioni da parte del persecutore che viveva nella stessa casa, marito o convivente. A maggio invece c’è un nuovo aumento di questo tipo di delitti, che si mantengono pressoché costanti fino a luglio, quando si raggiunge il picco massimo (3.646).
Due sono invece gli episodi di revenge porn al giorno, due video ogni 24 ore che mandano in giro immagini intime di giovani donne (sempre più spesso minorenni), tenute sotto scacco, minacciate, ricattate da fidanzati, ex fidanzati, compagni. Sono numeri spaventosi quelli che vengono fuori dopo il primo anno di applicazione del Codice rosso, la legge che ha introdotto modifiche rilevanti al codice penale a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. Reati nuovi di zecca e per i quali, dunque, non c’è confronto. Quali effetti abbia prodotto, a distanza di un anno dalla sua introduzione, la normativa del Codice Rosso, che prevede una corsia preferenziale per le denunce per violenza di genere, lo spiega il ministero della Giustizia.
Tra agosto 2019 e luglio 2020 per i quattro nuovi reati (violazione dei provvedimenti di allontanamento, costrizione o induzione al matrimonio, deformazione dell’aspetto e revenge porn) sono state aperte 3.932 indagini e, per quanto riguarda quelle concluse, in 686 casi c’è la richiesta di rinvio a giudizio. Sono inoltre 90 i processi che si sono già conclusi e sono già state inflitte 80 condanne. Fra agosto 2019 e luglio 2020 si è registrato un incremento del numero dei procedimenti iscritti per il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi, passato da 36.539 a 40.726 (+11%). È, viceversa, emersa una diminuzione per le altre fattispecie, addebitabile anche alle restrizioni del lockdown: violenza sessuale -4%, corruzione di minorenne -10%, violenza sessuale di gruppo -17%, stalking -4%