Si chiude il primo giro di consultazioni del presidente incaricato Mario Draghi. Dopo avere incassato il sostegno incondizionato di Iv e Forza Italia, l’ex numero uno della Bce ha ottenuto la disponibilità a partecipare alla creazione di un nuovo esecutivo anche dalla Lega e dal M5s. «Siamo a disposizione, non poniamo veti», ha detto Matteo Salvini al termine del colloquio con il premier incaricato. E il Pd valuta ora l’appoggio esterno al governo. Mentre il capo politico del M5s Vito Crimi ha ribadito la necessità di una «maggioranza politica».
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Uscendo dall’incontro con Draghi, Matteo Salvini ha parlato di «confronto stimolante sui temi» e si è detto «in sintonia» con il premier incaricato «sullo sviluppo del Paese». È poi tornato a sottolineare che «la Lega non pone condizioni o veti» e che «il bene del Paese è superiore agli interessi personali». «Abbiamo sentito l’inizio di un percorso interessante. La settimana prossima ci siamo impegnati a entrare nel merito, per cui non possiamo dire oggi un sì o un no». In ogni caso, Salvini è tornato a ribadire che dal Carroccio arriverà, se arriverà, solo un’adesione piena: «La Lega non sarà per il forse, se sarà sì sarà un sì convinto e saremo partecipi, non staremo alla finestra. Se non ci saranno le condizioni, allora sarà un giudizio diverso. Ma io penso che stiamo dimostrando lealtà e serietà». E ancora: «Visto che si deciderà come spendere i 209 miliardi dell’Europa, preferisco essere dentro la stanza e fare in modo che vengano spesi bene, anziché restare fuori». Sostanzialmente, se sarà un sì la Lega parteciperà al governo con dei propri ministri, anche se non è chiaro se il leader pensi anche ad un ruolo per se stesso. E quanto al fatto che Giorgia Meloni abbia ribadito il «gran rifiuto» a Draghi, Salvini ha tagliato corto: «Non commento i sì o i no degli altri, mi limito a rispettarli».
L’ingresso della Lega nel governo Draghi provoca grande imbarazzo nel Pd. Del resto la delegazione dem, che ieri aveva incontrato il presidente del Consiglio incaricato, non aveva fatto mistero di nutrire molte perplessità a riguardo. Ed è per questa ragione che Nicola Zingaretti sta valutando l’opportunità di votare la fiducia all’esecutivo presieduto dall’ex presidente della Bce, senza però far entrare i ministri dem nella compagine governativa. Una sorta di appoggio esterno che non si realizzerebbe con l’astensione, bensì con una via libera a Draghi, che però non comporterebbe l’ingresso nel governo del Pd. Sarebbe un modo per cavarsi d’impaccio.
«Al Paese serve un governo il prima possibile per varare le misure necessarie a fare fronte alla situazione», ha detto il capo politico reggente del M5S, Vito Crimi, dopo l’incontro con Mario Draghi. «Il nostro obiettivo è portare al centro i temi» ha precisato, spiegando che la presenza del Movimento nell’esecutivo che sarà chiamato a gestire il recovery plan sarà anche la garanzia del fatto che quei fondi possano essere utilizzati in maniera corretta e onesta». Il portavoce pentastellato ha anche elencato tutta una serie di punti programmatici, da quelli legati alla sostenibilità ambientale al mantenimento del reddito di cittadinanza, che sono stati presentati a Draghi come essenziali per il coinvolgimento del Movimento. «Quando e se si formerà un governo noi ci saremo con lealtà», ha detto Crimi. Tuttavia, la conditio sine qua non per la creazione del nuovo esecutivo è quella che il governo nascente «dovrà partire da quanto fatto finora dall’esecutivo precedente» e sia di stampo «politico».