Con la vittoria per 3 a 0 al Pescara, la Salernitana riconquista, dopo 23 anni, la serie A e consegna alla storia sportiva cittadina una bella pagina fatta di determinazione e forza di volontà. La cronaca della partita, invero, conta poco: dopo un primo tempo scialbo, durante il quale il Pescara ha sfiorato il vantaggio con un palo clamoroso, i gol di Anderson (rigore al 67° minuto), Casasola (71° minuto) e Tutino (81° minuto) hanno consentito ad una Salernitana poco meno che perfetta di archiviare la pratica con il Pescara. Ma dal punto di vista della tifoseria non si è trattato di un normale campionato di serie B, è stata una (bella) storia da raccontare e che certamente sarà raccontata alle future generazioni, alle quali i tifosi di oggi potranno dire: “io c’ero”.
La Salernitana non era stata “costruita” con l’obiettivo di raggiungere la promozione diretta, al massimo si sperava, all’inizio del campionato, di raggiungere i play-off o almeno di non ripetere lo scempio del 2019, quando “festeggiammo”, se così si può dire, i 100 anni dalla fondazione con una stentata salvezza ai play out. Quest’anno erano (ed ancora sono, in parte) troppe le componenti in gioco. Il problema della forzata assenza dallo stadio, il “dodicesimo uomo” della Salernitana. Il problema della “multiproprietà” (il presidente Claudio Lotito non può mantenere le quote della Salernitana e della Lazio se le due squadre giocano nello stesso campionato). Il problema del rapporto pessimo che, nel corso degli ultimi due anni, si è instaurato tra la tifoseria e la società, accusata di non “voler salire in serie A”.
Tutte queste componenti hanno sollevato un clima di insoddisfazione e sospetto, hanno generato un gran borbottio ronzante di accuse e lamentele. Poi, però, è arrivata la vittoria contro l’Empoli, alla penultima giornata del girone di ritorno, ed il borbottio si è trasformato in un silenzio che definire surreale è poco: la scaramanzia ha dettato ai tifosi l’hashtag “ziiitt” (in pratica, “non parliamo prima dell’ultima partita”), con il quale è stata “tappezzata virtualmente” la pagina facebook della Salernitana.
Poi, ancora, il giorno prima della partita, il brutto episodio di aggressione a danno della figlia dell’allenatore del Pescara ha gettato ombre, dubbi e sospetti ed ha ripreso forza il borbottio ronzante. Poi, finalmente, hanno “parlato” il campo ed il risultato; un risultato costruito sulla tenacia dello spirito oltre che sui muscoli.
E adesso? E adesso verranno altre storie. Cosa deciderà Lotito? Come sarà la Salernitana neo-promossa e per quante stagioni conserverà un risultato che, per la storia della squadra, è eccezionale, più che speciale?
Chi avrà lo stesso cuore e la stessa tenacia di questa squadra sarà protagonista del futuro e testimone dei fatti che verranno. Forse è proprio questo il vero insegnamento che si può trarre dall’epopea della Salernitana in Serie A: l’impegno silenzioso paga e paga più del sospetto e del chiacchiericcio. Ma adesso basta: mettiamo da parte il borbottio e la “morale della favola” e lasciamo solamente che il Granata (quello vero, con la lettera maiuscola) colori la città ed anche tutte le case dove, lontano da Salerno, c’è chi ha voglia di tifare tutto l’anno e di prendere la sciarpa e la bandiera.