«Io al Quirinale? Non è il mio mestiere». Romano Prodi ha abbandonato il sogno di diventare presidente della Repubblica. «Oltre l’ostacolo dell’età, non è il mio mestiere. Sarebbe stato forzato anche l’altra volta, quando ho avuto il voto contrario del Parlamento. Il ruolo di mediazione a cui è obbligato il presidente della Repubblica non è il mio. Non sono certo un fanatico, ma non sono super partes: ho idee molto precise. Sono sempre stato un uomo di parte, sempre aperto e comprensivo, ma lo sono ancora», spiega l’ex premier in una intervista al Resto del Carlino.
Da quando l’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha allontanato le voci su un suo possibile reincarico al Colle, la platea dei papabili, o almeno di quelli che i commentatori indicano come tali, si è via via allargata includendo nomi come quello di Romano Prodi, Silvio Berlusconi, il ministro Marta Cartabia e lo stesso presidente del Consiglio Mario Draghi.
Sergio Mattarella si è tirato fuori per primo, nel discorso di Capodanno, ricordando che il 2021 sarebbe stato il suo ultimo anno al Colle. Candidato da qualche politico e da molti giornali a un bis sul modello di Giorgio Napolitano, l’attuale Capo dello Stato ha fatto sapere, citando qualche settimana più tardi il suo predecessore Antonio Segni, di ritenere più che congrua la durata di sette anni per la funzione presidenziale. Così ha chiuso la porta alla complicata teoria di chi lo vedrebbe nuovamente eletto per favorire l’approdo di Mario Draghi alla Presidenza della Repubblica una volta terminato l’incarico di presidente del Consiglio con la fine della legislatura.
Quasi un italiano su due (46%) vorrebbe che il presidente del Consiglio Mario Draghi continuasse il suo mandato fino al 2023, ritenendosi soddisfatto del suo operato, mentre il 27% lo vedrebbe bene quale successore di Mattarella come capo dello Stato. È quanto sottolinea Antonio Noto, direttore di Noto sondaggi, in un articolo sul Quotidiano Nazionale, stilando anche una lista di possibili candidati alla carica di presidente della Repubblica. Alle spalle di Draghi figura con il 13% delle preferenze dei cittadini il ministro della Giustizia Marta Cartabia. Terzo classificato Romano Prodi, seguito da Silvio Berlusconi e dagli ex presidenti del Senato Schifani e Grasso. Secondo Noto è interessante notare come chi chiede a Draghi di restare ancora seduto sulla poltrona di primo ministro è soprattutto parte degli elettori del Pd e di Fi, rispettivamente il 66% e il 65%. I leghisti invece, per il 44%, lo vorrebbero al Quirinale, con un 54% a favore di una riconferma di Mattarella.
La grande corsa sta entrando nel vivo, per quanto il ministro d’Incà abbia detto che «sarebbe giusto iniziare a parlarne a novembre». E pescando dal mazzo di quelli che, a volte senza nessuna soggettiva aspirazione, sono stati infilati nel novero dei candidabili, altri sono i nomi che hanno oggettivamente perso la spinta che sembravano avere fino a qualche mese fa. Tra loro Giuseppe Conte: ipotizzata da alcuni la sua corsa quando era a palazzo Chigi, ora il suo profilo di leader in pectore di un partito cozza con quello di chi di solito viene scelto per il Quirinale. Che è fatta di esperienza ma anche di assenza dalle scene recenti, di garanzia ma non di impegno nella politica attiva. Per lo stesso motivo Enrico Letta, ora eletto leader del Pd, ha chiaramente altre prospettive davanti a sé. Stessa cosa dicasi per Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia.
L’elenco dei «quirinabili» include Marta Cartabia, Pierferdinando Casini, Elisabetta Casellati, Dario Franceschini, Paolo Gentiloni, David Sassoli, Walter Veltroni, Francesco Rutelli, Renato Pera, Emma Bonino, Paola Severino, Letizia Moratti. Un elenco incompleto, cui qualcuno continua ad aggiungere il bis di Mattarella, e che potrebbe allungarsi. Di certo c’è che non sarà facile trovare un’alchimia che porti a un nome condiviso, senza far traballare la maggioranza di governo, evitando di spostare troppe pedine nei ruoli istituzionali ricoperti in Italia e all’estero. Mancano ancora sette mesi e tutto può ancora succedere.