Il taekwondo regala la prima medaglia d’oro di Tokyo 2020 all’Italia. A mettersela al collo è Vito Dell’Aquila che ha vinto la finale per la categoria 58 kg battendo per 16 a 12 il tunisino Mohamed Kalil Jendoubi. La sua medaglia è la seconda per la delegazione italiana alle Olimpiadi, dopo l’argento di Luigi Samele nella scherma, e la prima d’oro.
MAMMA MIA CHE FINALEEEEEE 💙💙💙💙
La rimonta negli ultimi secondi del match contro Jendoubi di Vito Dell’Aquila è da impazzire 🥋🇮🇹 #Taekwondo #Tokyo2020 #ItaliaTeam @DarioPuppo pic.twitter.com/G0CVvL2t3e
— Eurosport IT (@Eurosport_IT) July 24, 2021
Vito Dell’Aquila ha vent’anni e viene da Mesagne, cittadina pugliese con una grande tradizione nel taekwondo. È di Mesagne anche Carlo Molfetta, oro nel taekwondo 81 chili a Londra 2012. Se il Giappone, e in particolare Tokyo, è la patria del judo, Mesagne può essere eletta a capitale mondiale del taekwondo, perché una cittadina con poco più di 20mila abitanti è riuscita a sfornare due campioni olimpici (come Usa e Russia messe insieme) oltre 1100 campioni italiani.
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«Con Molfetta non ci siamo mai incrociati, purtroppo — racconta Vito — Quando io ho cominciato, a otto anni, lui era già altrove». All’inizio Vito fa taekwondo quasi per gioco, poi partecipa ai Campionati italiani cadetti e li vince. Si qualifica anche ai Mondiali della categoria cadetti, vincendo anche questi. È quello il momento in cui capisce che può diventare un grande atleta nello sport che ha scelto. Le due grandi manifestazioni tra i senior che lo portano alla ribalta della sua disciplina ma anche dello sport italiano sono i Mondiali di Muju nel 2017 e gli Europei di Kazan dell’anno successivo. Ai Mondiali organizzati in Corea del Sud vi arriva a soli 17 anni ed è praticamente sconosciuto anche tra gli addetti ai lavori. Riesce a portare avanti un percorso meraviglioso, facendo innamorare tutti per la sua capacità di reggere la pressione in così giovane età, ma anche per il suo stile dinamico, armonioso, pulito. Arriva in semifinale e affronta uno dei migliori atleti della 54 kg, l’iraniano Armin Hadipour. Non riesce a vincere contro un atleta molto più esperto di lui, ma la possibilità di poter combattere contro atleti di questo livello è una sorta di laurea che Vito, ancora non in età da diploma, si porta a casa. Passano due anni e agli Europei di Kazan 2018 riesce a ottenere un altro bronzo, attestandosi in questo modo ad alti livelli in maniera costante.
Ma agli ultimi Mondiali disputati prima della pandemia, quelli di Manchester del 2019, arriva il primo momento critico: perde agli ottavi contro il coreano Bae Jun-seo. A questo si aggiunge che per partecipare a Tokyo 2020 deve salire di categoria, passando dalla 54 kg alla 58 kg e, come lui stesso afferma, «sembrano pochi 4 kg, ma si sentono parecchio in combattimento». Ma Vito non molla e riesce a qualificarsi per le Olimpiadi di Tokyo 2020, soprattutto grazie alle belle prove disputate nel Grand Prix Final tenutosi a Mosca, manifestazione classificata come G8 e che assegnava quindi il doppio dei punti per il ranking rispetto a un normale Gran Premio.
Ma Vito arrivato è arrivato a Tokyo senza i favori del pronostico, anzi quando il sorteggio gli ha dato al primo turno l’ungherese Omar Salim, campione d’Europa in carica, molti pensavano che il suo cammino sarebbe durato davvero poco. Ha battuto 26-13 l’ungherese Salim, vincendo poi le altre due sfide successive, ai quarti di finale contro il tailandese Ramnarong Sawekwiharee e in semifinale contro l’argentino Lucas Guzmán. Poi la finale contro il tunisino Mohamed Kalil Jendoubi che ha regalato a Vito e all’Italia il primo oro olimpico.