L’efficacia del vaccino Pfizer nel prevenire il contagio diminuisce con il tempo scendendo, a sei mesi dalla seconda dose, dal 96% all’83,7%. La protezione contro le formi gravi di Covid-19 si è invece mantenuta molto alta (97%), confermando l’utilità del vaccino nel prevenire i ricoveri e i decessi dovuti alla malattia.
I dati sono stati ottenuti dallo studio clinico avviato lo scorso anno su 44mila volontari per verificare l’efficacia del vaccino Pfizer-BioNTech. Tra i partecipanti al test clinico, l’efficacia contro il Covid sintomatico è diminuita di circa il 6% ogni due mesi, scendendo all’83,7% dopo sei mesi. Nel periodo compreso tra una settimana e due mesi dopo la seconda dose, l’efficacia è stata del 96,2%. Nel periodo compreso tra due e quattro mesi, l’efficacia è scesa al 90,1%. E da quattro mesi a sei mesi, l’efficacia ha raggiunto l’83,7%. La riduzione ha interessato l’efficacia in generale, quindi la capacità del vaccino di proteggere da qualsiasi forma di Covid-19, comprese quelle che comportano sintomi minimi. Contro le forme gravi, che rendono più probabile un ricovero in ospedale, il vaccino di Pfizer-BioNTech ha invece mantenuto un’efficacia molto alta e stabile nei sei mesi: 97%.
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Lo studio non fornisce però informazioni sulla variante Delta, perché i dati sono riferiti per lo più a un periodo in cui non era ancora molto diffusa. Dalle ricerche condotte di recente, il vaccino di Pfizer-BioNTech ha comunque confermato la propria efficacia contro le forme gravi di Covid-19 anche nel caso di infezione da variante Delta, a patto di avere completato il ciclo vaccinale. L’efficacia generale del vaccino contro questa variante è lievemente più bassa rispetto a quella riscontrata con altre versioni del virus, ma comunque buona.
Negli ultimi mesi da Pfizer era giunta notizia della sperimentazione di una terza dose del vaccino, a distanza di tempo dalle prime due, per migliorare la protezione offerta dalla vaccinazione. Ipotizzando che l’efficacia diminuisca in media del 6% ogni due mesi, si raggiungerebbe un 50% di efficacia (la soglia minima per le principali autorità sanitarie) a un anno e mezzo dalla seconda somministrazione e ciò potrebbe rendere necessario il richiamo. Al momento non ci sono però elementi per ritenere che la riduzione dell’efficacia in generale sia costante nel corso del tempo e occorreranno altri studi
Sulla terza dose frena la Food and Drug Administration Usa che ha dichiarato che «gli americani completamente vaccinati non hanno bisogno di una dose di richiamo in questo momento», sottolineando che non spetta alle singole aziende decidere se e quando il richiamo sarà necessario. Anche per l’Agenzia europea dei medicinali «è troppo presto per confermare se e quando sarà necessaria una dose di richiamo per i vaccini Covid-19, perché non ci sono ancora abbastanza dati dalle campagne di immunizzazione e dagli studi in corso per capire quanto durerà la protezione dai vaccini». Alcuni Paesi, però, sono passati all’azione: la Turchia ha già iniziato a offrire una terza dose di Sinovac (o Pfizer) ad alcune persone. L’Indonesia e la Thailandia hanno concordato di somministrare la terza dose di Moderna e Pfizer ad alcune persone vaccinate con CoronaVac. E altri Paesi stanno pensando alla terza dose per gli anziani e gli immunodepressi.