Il 23 ottobre verrà inaugurato ad Omegna, città natale di Gianni Rodari, il museo dedicato allo scrittore piemontese, curato ‒ per quanto attiene alla parte culturale (contenuti storico-biografici, selezioni testi, filmati ecc. ‒ da Pino Boero. Già docente universitario a Genova, autore di una monumentale Letteratura per l’infanzia (con Carmine de Luca, Laterza, 20092) e di molti volumi, curatele, saggi, interventi, Boero è uno dei maggiori specialisti di Gianni Rodari. Nel drammatico 2020 dell’era Covid si è “festeggiato” il centenario della nascita di Rodari, il nostro maggior scrittore per l’infanzia (Premio Andersen nel 1970), etichetta che gli sta troppo stretta. Il “favoloso Gianni” è un grande scrittore tout-court, tradotto in tutto il mondo, autore prolifico e versatile, che non smette di affascinare, sedurre non solo bambini e ragazzi, ma tanti lettori adulti.
Per l’occasione, nel 2020, è stato pubblicato con l’ottima cura di Daniela Marcheschi, già curatrice del meridiano Mondadori di Carlo Collodi, un importante meridiano dedicato a Rodari. L’edizione aggiornata di Una storia, tante storie di Boero (Einaudi) – la prima edizione era uscita nel 1992, la seconda nel 2010 – costituisce a tutt’oggi uno strumento indispensabile per accostarsi a tutta l’opera del Rodari poeta, scrittore, giornalista, intellettuale a tutto tondo.
Ad essa vanno aggiunti altri due libri. Il primo, un più agile volume, L’alfabeto di Gianni (2019, Coccole books), pensato per i ragazzi, è curato da Boero con Walter Fochesato: alle 21 lettere dell’alfabeto corrispondono episodi, brani dalle opere, pensieri dello scrittore. Si va dalla A, gli animali amati da Gianni, come il gatto (cui è legata la morte del padre che si beccò una broncopolmonite per salvarne uno sotto un temporale), alla O di Omegna, il paese natale, alla C de Il romanzo Cipollino (1951), con personaggi che nascono dalla frutta e dalla verdura, alla V di viaggi, collegati all’immagine del treno che ispira l’indimenticabile romanzo La freccia azzurra (1964), in cui dei giocattoli fuggono dal negozio della Befana su un trenino elettrico per raggiungere Francesco, un bambino povero, e donarsi a lui. Un altro volume, Rodari A – Z, curato da Boero con Vanessa Roghi, è stato pubblicato da Electa nel 2021, composto da 84 voci scritte da 56 autori.
Colpisce di Una storia, tante storie, il libro più organico che Boero ha dedicato a Rodari, l’ampia mole di dati e riferimenti, sempre veicolati da un linguaggio agevole, che permettono al lettore di avere uno sguardo di insieme dell’attività di Rodari, dallo scrittore di filastrocche e poesie, di romanzi, di favole, di novelle, racconti e opere teatrali, fino al giornalista ed operatore culturale.
Il capitolo di apertura del libro di Boero delinea le varie fasi della «formazione» e della «produzione» di Rodari, tracciando una sorta di ‘Ritratto d’autore’ con rimandi alla biografia (a fine volume si trova anche l’utile sezione delle “date di Gianni”), alle ‘conversioni’ culturali e ideologiche dopo l’abbandono dell’idea del sacerdozio, del Seminario di Seveso san Pietro. La crisi interiore del 1937 indirizza Rodari verso il marxismo, di cui comincia a leggere le opere fino ad approdare, nella seconda guerra mondiale, al Partito Comunista e alla Resistenza, sempre conservando però una forma di rispetto verso la religione e il cattolicesimo. Nel ’49 sull’“Unità” escono testi poetici “impegnati”, diretti ai genitori di bambini sfortunati, come la filastrocca Ciccio, che a 15 mesi dorme in una cantina: Gianni invita la madre a «lottare» affinché «un giorno possa uscire dalla cantina ed essere un bimbo felice». Scrive poi il romanzo Cipollino ospitato da un contadino a Gaggio di Piano vicino Modena con una macchina da scrivere prestatagli dalla sezione PCI. In questi anni i temi che ricorrono sono l’antiamericanismo, l’antirazzismo, il pacifismo all’insegna del motto democratico, espresso poi nella celebre Grammatica della fantasia: “Tutti gli usi della parola a tutti”. Nel leggere il motto sorge spontaneo l’accostamento all’esperienza della Scuola di Barbiana (1954-1967) di Don Milani, che implica la conoscenza della parola e della lingua, rese accessibili proprio a chi ne è escluso.
Negli anni ’60, con Filastrocche in cielo e in terra, Rodari diviene più noto al pubblico e comincia ad entrare nelle scuole; con Tante storie per giocare approda a Radio Rai; guarderà poi sempre con attenzione alle novità tecnologiche e al mondo della comunicazione, «all’incidenza del medium nei processi formativi», come scrive Boero. Il capolavoro di questi anni è Favole al telefono, in cui è possibile trovare riferimenti ad una «cultura “inferiore”, popolare, grottesca, fortemente critica nei confronti del potere e del suo sistema di valori», come nella favola A toccare il naso del re. Anche in Il vestito nuovo dell’imperatore, adattamento teatrale della celebre favola di Andersen, attraverso il «rovesciamento parodico» vengono ridicolizzati l’imperatore e l’imperatrice per dare risalto alla verità pronunciata dal bambino («Ma non vedete, o gente, / che le Loro Maestà / non hanno indosso niente?»). Il «Cortigiano», nella sua conclusione pedagogica, chiede l’aiuto del pubblico per la fuga e la protezione del bambino dalla vendetta del potere, così che «quando sarà grande tornerà / per mettere in fuga mille bugiardi / con una sola verità». Le radici evangeliche (bisogna essere come bambini per entrare nel Regno di Dio) non vengono in fin dei conti mai dimenticate da Rodari e il suo cristianesimo di fondo si lega all’impegno civile.
Negli anni ’70 escono due opere particolarmente importanti, la Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, un libro teorico che Boero definisce «straordinaria summa della cultura rodariana» e il romanzo C’era due volte il barone Lamberto, in cui il protagonista, un vecchio miliardario, muore ma poi resuscita e ritorna bambino. L’archetipo del «mondo alla rovescia» si incontra con quello del puer-senex e del «fanciullo come inizio e come fine» (Jung-Kerényi) in un’opera di grande impegno che per Boero è «davvero il punto di arrivo dell’esperienza di Rodari».