Il turismo delle radici è un indotto che muove un flusso turistico di circa 60-80 milioni di italiani nel mondo, con una platea di italiani di seconda e terza generazione che non conoscono l’Italia e i territori d’origine dei propri avi. Un segmento di politiche turistiche nei “piccoli comuni” da non sottovalutare.
A dirlo è il “Primo rapporto sul turismo delle radici in Italia” realizzato con il contributo del ministero degli Esteri, curato da Sonia Ferrari, docente di marketing del turismo e di marketing territoriale presso l’Università della Calabria, e Tiziana Nicotera, cultore della materia presso la stessa università. Studio al quale hanno contribuito anche il prof. Filippo Grasso, docente di turismo dell’Università di Messina e componente del tavolo tecnico ministeriale “Turismo delle radici”, con la pubblicazione di un saggio: “Basicò, un libro di racconti e ricordi realizzato in Argentina” con Tiziana Nicotera e inserito in un ampio studio di case history relativi alle regioni Sicilia, Calabria, Puglia e Toscana. Un saggio al quale hanno collaborato anche l’ex assessore al turismo di Basicò Filippo Cadili e il vicesindaco Antonio Cotone.
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Dal rapporto emerge che il viaggio delle radici non è ancora riconoscibile come fenomeno a sé stante e che sarebbe importante definire un lessico univoco con cui parlare dei viaggi delle radici, che deve tradursi in politiche di branding e di prodotto riconoscibili. Il rapporto colma un divario nella letteratura internazionale e, soprattutto, italiana sul tema del turismo delle radici. In particolare, mira a superare la carenza di studi con un approccio di marketing territoriale e turistico al fenomeno.
Lo stile della comunicazione – auspica il rapporto – dovrebbe essere improntato al racconto di esperienze autentiche, anche affidate a testimonial, e l’attività di sensibilizzazione va effettuata anche sulla domanda, non solo sull’offerta. Da non trascurare poi la fase del post-viaggio per promuovere la produzione di contenuti da parte di chi ha già fatto questo tipo di esperienze, anche perché – rileva la ricerca – il grado di soddisfazione di chi compie un viaggio delle radici è enorme.
Le proposte che emergono dal volume sono molteplici: inserire la ricerca genealogica come parte integrante dell’esperienza di viaggio, con una maggiore e più strutturata attività di collaborazione con gli archivi di stato e altri soggetti preposti al reperimento di documenti e certificati, e coinvolgere tour operator, agenzie e operatori turistici specializzati, professionisti della genealogia.
La ricerca investiga vari aspetti del comportamento del turista delle radici (attese, preferenze, ecc.) e raccoglie una serie di indagini svolte negli ultimi anni da vari studiosi sul tema, tra cui le professoresse Ana Biasone dell’Università di Mar Del Plata (Argentina) e Anna Lo Presti dell’Università di Torino. «Il turismo delle radici può essere e sempre più diventare un volano importante per il turismo in generale, ma le scelte vanno fatte sulla base di conoscenza e dati, non solo di un’intuizione», afferma il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova. Un settore incluso anche nel Pnrr, «che prevede uno specifico stanziamento gestito dal ministero degli Esteri per promuovere il turismo delle radici presso le nostre collettività», spiega Luigi Maria Vignali, direttore generale per gli Italiani all’estero della Farnesina.
Inoltre, in una recente intervista la senatrice Gabriella Di Girolamo ha dichiarato che «sarà firmato il protocollo d’intesa che permetterà il trasferimento dei fondi dal Ministero della Cultura, del progetto nazionale sul turismo delle radici, a quello degli Esteri che sarà il soggetto attuatore. Con la firma dell’intesa, le Amministrazioni comunali saranno coinvolte per: ospitare il “laboratorio dell’emigrazione”, gestito dagli operatori turistici che saranno assunti nell’ambito del progetto e che sarà adibito a centro di informazioni per i “turisti delle radici”; digitalizzare i documenti utili ai turisti che vogliono fare ricerche sulle proprie radici famigliari; individuare le principali attrazioni del territorio da offrire ai turisti, anche con il coinvolgimento delle imprese locali; realizzare eventi nell’ambito del più vasto programma, che sarà pubblicizzato a livello internazionale, dell’Anno delle Radici».
Gli amministratori comunali potranno così progettare e programmare adeguate politiche di governance turistica per rilanciare il turismo del post covid ormai consolidato nel cosiddetto “turismo open air” legato ai borghi, ai cammini, alla riscoperta di piccoli comuni, alle reti dei sentieri e degli itinerari enogastronomici, alle attività di benessere fisico e favorisce un turismo a basso impatto ambientale, sostenibile e di qualità, a contatto con la natura e inclusivo a tutti.