Periodicamente amo ritornare alla filosofia antica, sia rileggendo i filosofi sia leggendo i loro interpreti moderni. Da queste mie incursioni nel passato ricavo sempre qualche insegnamento nuovo, qualche lezione sulla vita che mi è di aiuto nelle ‘tempeste del quotidiano’, e in questo tempo difficile che tutti noi stiamo attraversando.
Oggi leggo Sette brevi lezioni sullo stoicismo, un libro che ho acquistato per puro caso alcuni mesi fa mentre spulciavo fra le novità letterarie in libreria. L’autore è John Sellars, uno studioso anglosassone di filosofia, che ha dato vita al gruppo Modern stoicism, che organizza con cadenza annuale Stoic week, un evento globale che propone ai partecipanti di provare a vivere per una settimana come gli stoici. Partendo da questa esperienza, e dai benefici che ha avuto su circa 20000 partecipanti, che sostengono che la loro vita è migliorata in termini di entusiasmo, energia e gioia di vivere, Sellars nel suo libro reinterpreta in sette brevi capitoli il pensiero dei grandi stoici antichi (Seneca, Epitteto, Marco Aurelio), evidenziando come i temi che loro hanno trattato possono avere dei benefici sulla vita di tutti.
Lo studioso, anzi mi verrebbe da dire lo ‘scrittore’, racconta il passato, lo rivive alla luce del presente. Sembra quasi di essere lì, ad apertura del primo capitolo, nel I sec. d.C., dinanzi a uno schiavo, originario dell’Asia Minore, di cui non conosciamo neanche il nome, che apre una scuola di filosofia sulla costa occidentale della Grecia, a Nicopoli, una città fondata circa un secolo prima da Augusto, dove era stato bandito con altri filosofi dall’imperatore Domiziano. Solo poche righe dopo apprendiamo che quell’uomo è Epitteto (in greco antico significa ‘acquistato’), un grandissimo filosofo stoico che non ha scritto nulla, e il cui pensiero è giunto a noi grazie ad Arriano, un suo allievo. Mentre leggo, anzi rileggo, la sua figura si staglia dinanzi a me (grazie all’essenzialità dello stile di Sellars) come se fosse presente.
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Il suo messaggio mi sembra attuale in un’epoca come la nostra caratterizzata dal ‘progresso tecnologico’ ma da un grande arretramento sul piano morale. Per Epitetto il filosofo è un medico dell’anima, cioè della ‘mente’, e la sua scuola è un ospedale di anime (p.4). Per Socrate e poi per gli stoici prendersi cura dell’anima è essenziale per il benessere dell’individuo. Il filosofo deve insegnare all’uomo a cercare la virtù, a essere indifferente al denaro e al successo, che non dipendono da lui, e a controllare le emozioni (non quelle positive ma quelle negative). Ma cosa sono le emozioni? Non altro, secondo questi filosofi, che dei giudizi che noi formuliamo. E in quanto tali possiamo controllarle, e soprattutto siamo responsabili di quelle negative che possono arrecare danni alla nostra vita e a quella altrui.
Il racconto di Sellars procede in maniera piana nei capitoli successivi, affrontando temi importantissimi quali quello del nostro posto nel mondo, e soprattutto di come comportarsi dinanzi alle sventure. È questo forse il tema più importante, quello che tocca di più la vita di ogni essere umano, perché non c’è nessuno che prima o poi non debba fare i conti con l’avversità della sorte. Sellars propone a chi si trova in una condizione di sofferenza l’insegnamento di Seneca, che non ebbe proprio una vita tranquilla, e dovette affrontare molte avversità. Il filosofo ci invita a guardare le cose da un altro punto di vista, a non considerare le sventure come dei ‘mali’ ma come qualcosa che ci possono giovare: ci aiutano infatti a mettere alla prova la nostra virtù, a imparare qualcosa di noi stessi, a migliorare il nostro carattere. È questo un messaggio duro da accettare, scomodo, specie per noi moderni che abbiamo la pretesa di poter ‘dominare’ la natura. L’uomo invece, ci ricorda la filosofia antica, se vuole vivere bene, per prima cosa deve accettare il proprio posto nella natura, e anche la volontà del ‘fato’, usando bene il tempo che la vita gli ha concesso, non sprecandolo inseguendo il successo mondano ma praticando la filosofia, cioè dedicandosi allo studio e alla meditazione sul passato e sul presente.
Da quanto abbiamo detto potrebbe sembrare che la filosofia stoica proponga un invito al ritiro dal mondo, ma in realtà non è così. La cura dell’anima e dell’interiorità è finalizzata, al contrario, a curare emozioni distruttive (l’ira ad esempio) e al ritorno in un secondo momento nella comunità di cui siamo parte integrante. Nessuno può essere felice se è separato dagli altri, nessuno di noi può considerare sé stesso come un individuo isolato dagli altri: tutti siamo chiamati ad avere cura della nostra anima ma anche alla cura degli altri e all’impegno politico. Questo è in fondo, credo l’insegnamento ultimo degli stoici e di Sellars, che attraverso una fulminea, rapida, profonda immersione nel passato per riflesso fa cogliere al lettore attento molti aspetti negativi del nostro presente (ansia, frustrazione, alterazione del rapporto uomo-natura, ecc.), che non sono mali irrimediabili ma il frutto di un sapere che non educa più l’uomo alla ricerca della ‘virtù’ e del bene comune.