Il primo gennaio sono iniziati per la Francia i sei mesi di presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea, l’organo composto da un rappresentante del governo di ogni paese dell’Unione, che cambia a seconda del tema che si discute: il paese che lo presiede gestisce l’agenda degli incontri e i negoziati, e quindi ha un discreto peso all’interno del processo decisionale europeo. Non sarà un semestre facile, condizionato dagli esiti delle elezioni presidenziali di aprile e delle legislative in giugno.
Nel suo discorso di fine anno alla nazione ha detto che «il 2022 deve essere l’anno della svolta europea». Macron utilizzerà l’impegno europeo come un trampolino di lancio da utilizzare per una riconferma all’Eliseo. Se vincerà sarà lui a convocare un grande summit il 9 maggio (giornata dell’Europa) per presentare con dichiarazione solenne il risultato della Conferenza sul futuro dell’Unione
La Francia si è posta tre obiettivi principali per la sua presidenza: l’istituzione di salari minimi in tutta l’Unione, la regolamentazione del digitale e la transizione ambientale. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si era già impegnata a introdurre un salario minimo in tutti i paesi dell’Unione entro il 2024, ma la Francia ha rilanciato: «Credo che saremo in grado di completare questa svolta per creare davvero un sistema molto più efficace per introdurre un salario minimo decente in Europa e in tutti i paesi», ha detto Macron nel suo discorso di presentazione.
Macron vorrebbe poi fare dell’Europa «una potenza digitale» in grado di attrarre investimenti. Uno degli obiettivi principali, ha spiegato, è «quello di non essere soggetti alle leggi di altri poteri, ma di definire noi stessi le regole del mondo digitale». Il presidente francese intende attuare l’accordo sulla Global tax, concluso durante il G20 dello scorso ottobre, per imporre una tassa minima sui guadagni delle grandi multinazionali e limitare le operazioni di elusione fiscale che finora hanno consentito a molte aziende di non pagare le tasse, o di pagarne solo in minima parte, in molti paesi in cui operano. La Francia vorrebbe poi far adottare i regolamenti, come il Digital Market Act (DMA), che impongono misure per favorire la concorrenza nel settore digitale.
Tra i temi principali della presidenza francese c’è anche il clima. Lo scorso luglio, la Commissione europea aveva presentato una serie di testi legislativi per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 e per raggiungere entro il 2050 la cosiddetta “neutralità carbonica”. Macron ha detto di voler introdurre dei requisiti ambientali e sociali negli accordi commerciali dell’Unione e soprattutto di voler spingere per l’entrata in vigore del cosiddetto “carbon adjustment mechanism”, che semplificando è una tassa sulle importazioni inquinanti per proteggere le aziende europee dalle concorrenti con sede in paesi in cui le norme ambientali sono meno rigide e per evitare che le stesse aziende europee spostino la produzione all’estero per eludere le norme ambientali.