Si chiama “ius scholae” e funzionerà così: «Il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età che abbia risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia» e che «abbia frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli scolastici» o percorsi di istruzione e formazione professionale «acquista la cittadinanza italiana». A prevederlo è testo unificato della riforma della cittadinanza approvato in Commissicone Affari costituzionali. A favore del testo del relatore Giuseppe Brescia (M5s) si sono espressi il Movimento 5 stelle, il centrosinistra e Forza Italia, contro Lega e Fdi, mentre Coraggio Italia si è astenuta.
Il testo prevede che possa acquistare su richiesta (dei genitori) la cittadinanza italiana il minore straniero nato in Italia che abbia risieduto legalmente in Italia e abbia frequentato regolarmente, per almeno 5 anni, uno o più cicli scolastici. Questo percorso è aperto anche al minore non nato in Italia purché abbia meno di 12 anni. «Nel testo non c’è lo ius soli», spiega Brescia. Quella che si prevede è «una nuova fattispecie», «una scelta di fiducia non solo negli stranieri che vogliono integrare i loro figli, ma nel lavoro della comunità didattica, nella dedizione dei dirigenti scolastici e degli insegnanti che in classe costruiscono la nostra Repubblica e insegnano i valori della nostra Costituzione».
In commissione sono arrivati, fino a questo momento, tre testi: uno di Laura Boldrini con la previsione dello ius soli, un altro di Matteo Orfini e un terzo a firma Renata Polverini. Nessuna delle proposte ha visto un percorso parlamentare di successo e si sono tutte arenate, a causa non solo del no del centrodestra, ma anche di qualche dubbio in altre forze politiche. «A trent’anni di distanza dalla legge 91/1992, il legislatore deve prendere atto delle profonde trasformazioni avvenute nella società italiana», ragiona il presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera. Fino a questo momento, aggiunge, «si è intervenuti sulla materia con decretazione d’urgenza all’interno di provvedimenti legati alla sicurezza e all’immigrazione ». Ma «è proprio da questi temi che va sganciato un dibattito razionale su una nuova legge», focalizzandosi sul «ruolo della scuola come potente fattore di integrazione». E abbandonando, auspica, «strumentalizzazioni politiche e distorsioni mediatiche».
«Si tratta solo di un primo passo di un percorso che vogliamo concludere entro questa legislatura. Il voto favorevole di Forza Italia dimostra che questa questione non è di destra o di sinistra, ma di libertà e civiltà. Nella prossima settimana in ufficio di presidenza definiremo il termine per la presentazione degli emendamenti» ha annunciato Brescia. «Abbiamo bisogno di un dibattito normale in commissione – prosegue – e per questo ho presentato un testo molto semplice. Non c’è nessuno ius soli in discussione. Con il modello dello ius scholae diritti e doveri camminano insieme».
«Non siamo davanti ad uno “ius scholae” ma ad uno “ius insufficientiae”» attacca Fratelli d’Italia. «Basteranno, infatti, cinque anni di uno o più cicli scolastici senza alcun risultato conseguito per essere italiani. Questo non solo va contro ogni regola di integrazione e di inclusione ma significa dare il via libera alla distribuzione della cittadinanza, nelle ore di ricreazione che conteranno molto più dell’effettivo rendimento scolastico. Non possiamo ammettere scorciatoie quando si tratta di temi delicati come l’acquisizione della cittadinanza e soprattutto vi è un coinvolgimento dei minori. L’Italia sul conferimento delle cittadinanze è già un modello e ogni ulteriore invenzione risulta fuori ogni regola di buon senso».