La guerra del gas è già cominciata. Da oggi la Russia blocca uno dei gasdotti che portano il metano in Europa, lo Yamal Europe. E a farne le spese sono per prime Polonia e Bulgaria. Gazprom ha informato le aziende energetiche dei due Paesi che le consegne saranno sospese. Venerdì era scaduto l’ultimatum con il quale Putin aveva imposto ai cosiddetti «paesi ostili» il pagamenti delle forniture energetiche in rubli. Polonia e la Bulgaria, allineandosi agli altri governi Ue, avevano deciso di rifiutare questa imposizione. I due Paesi dell’ex orbita sovietica diventano così i primi a subire questo genere di ritorsione.
A fine marzo il Cremlino aveva annunciato di imporre il cambio di valuta nei pagamenti, come ritorsione alle sanzioni imposte anche dall’Unione europea alla Russia per l’invasione dell’Ucraina. La decisione di imporre i rubli al posto dell’euro sembrava però ancora lontana, visto che Mosca aveva più volte rinviato i termini di scadenza.
La società polacca Pgnig anticipa che chiederà i danni per il mancato adempimento del contratto. Un grafico pubblicato sui social dal canale radio e tv Zet News aveva mostrato con chiarezza che da stamattina che la quantità di gas immesso nell’impianto Yamal all’ingresso del terminale di Kondrakti stamattina era già improvvisamente crollata. Il governo ha subito riunito una unità di crisi per monitorare la situazione. Già domenica il flusso lungo le tubature dello Yamal si era interrotto per diverse ore, per poi ripartire. «Le nostre scorte sono piene all’86%» ha detto la ministra dell’ambiente Anna Moskwa. «Le strategie di diversificazione delle fonti avviate nei mesi scorsi ci consentono di sentirci al sicuro» ha proseguito.
Gli acquisti di gas polacchi dalla Russia, per la verità, erano in forte calo a partire dal 2022: dai 600-800 milioni di metri cubi a settimana degli ultimi mesi dell’anno passato si era passati ai 200 di media dei primi tre mesi dell’anno. Più difficile la condizione della Bulgaria, che riceve dalla Russia il 77% del suo fabbisogno di gas naturale.
Resta da vedere se si tratta solo di un messaggio agli acquirenti europei oppure Mosca intende alzare ulteriormente la tensione coinvolgendo via via altri Paesi. E resta da capire come reagiranno le altre cancellerie europee e Bruxelles. Solo alcuni giorni fa la Commissione europea aveva informato le aziende del Vecchio continente che possono continuare a effettuare i pagamenti in euro o in dollari perché la parte finale dell’iter, quella che prevede la conversione nella valuta di Mosca, «è interamente nelle mani delle autorità russe».
Le capitali si stanno preparando per ogni evenienza, nei limiti del possibile vista la fortissima dipendenza di Paesi come Germania e Italia dal gas russo. Il ministro tedesco dell’Economia e del Clima della Germania Robert Habeck, che si trova in visita ufficiale proprio a Varsavia, ha fatto sapere che il suo Paese è «molto vicino all’indipendenza dal petrolio russo». E forse è questo il motivo per cui il sesto pacchetto di sanzioni europee a Mosca, che dovrebbe comprendere proprio l’embargo sul petrolio, sembra destinato a slittare alla prossima settimana.