La chiusura dei rubinetti del gas russo fa paura. L’emergenza energetica rischia di dividere l’Europa dopo la sospensione delle forniture a Polonia e Bulgaria. Secondo quanto riporta il Financial Times alcune delle più grandi compagnie energetiche europee si stanno preparando a utilizzare un nuovo sistema di pagamenti in rubli che rischia di indebolire le sanzioni Ue e l’unità del blocco europeo.
Gazprom ha ufficialmente sospeso le forniture alla Polonia e alla Bulgaria, dimostrando che Mosca faceva sul serio quando minacciava la chiusura dei rubinetti ai «paesi ostili» che non si fossero adeguati alle nuove istruzioni di pagamento dettate dal Cremlino. E il mercato ha ripreso a tremare. Anche se nel resto d’Europa, Italia compresa, il gas russo continua ad arrivare.
Per garantire questa continuità nelle forniture alcuni operatori del settore gas in Germania, Austria, Ungheria e Slovacchia starebbero progettando di aprire conti in rubli presso Gazprombank in Svizzera. Tra queste il quotidiano cita la tedesca Uniper di Düsseldorf e l’austriaca Omv di Vienna. Per entrambe le compagnie con il nuovo sistema i pagamenti sono possibili e non violano le sanzioni imposte dall’Europa. Secondo Bloomberg, che cita una fonte vicina a Gazprom, «quattro acquirenti di gas europei hanno pagato in rubli e 10 hanno aperto i conti presso Gazprombank». Per l’Italia Eni starebbe valutando l’opzione di garantire i pagamenti richiesti da Mosca in rubli.
Il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, ha sottolineato che spetta alle singole aziende che hanno firmato i contratti con Gazprom interpretarli. Ma le ha esortate a rispettare quanto scritto nei documenti: «I prezzi sono concordati in euro o in dollari. Quindi si paga una certa quantità di euro per una data quantità di gas, fine della storia». Sottolineando la scorrettezza della mossa russa ha poi aggiunto: «È importante preservare l’unità dell’Ue a questo proposito, come ha detto il presidente von der Leyen, non dovremmo cedere a questo tipo di ricatto». Una posizione condivisa anche dal ministro degli Esteri Di Maio: «I nostri contratti prevedono il pagamento in euro e noi vogliamo pagare in euro» sottolineando però che serve una decisione europea.