I dati arrivano direttamente dall’Iss: quelli che hanno ricevuto la terza dose hanno più probabilità d’infettarsi, finire in ospedale e persino in terapia intensiva rispetto agli inoculati con sole due dosi oltre quattro mesi fa. Nonostante il clamoroso flop, il governo Draghi continua con la campagna di vaccinazione di massa. Con Omicron, i booster stanno rapidamente perdendo la propria efficacia. Come riportato da La Verità, sotto i 60 anni, chi ha la terza dose se la passa peggio di chi non ce l’ha. Logicamente questa evidenza dovrebbe indurre il ministero della Salute a ricalcolare il rapporto rischi/benefici dell’iniezione, soprattutto in vista dell’ulteriore campagna di richiami già in agenda per ottobre.
Dal report dell’Istituto superiore di Sanità emerge che chi ha ricevuto la terza dose si infetta molto di più di chi si è vaccinato solo con due dosi da oltre quattro mesi. Tra 40 e 59 anni, addirittura, gli italiani con il booster si contagiano di più anche dei non vaccinati. Chi ha ricevuto la terza dose finisce in ospedale di più di chi si è vaccinato con due dosi da meno di quattro mesi, e questo vale sia tra 12 e 39 anni, sia tra 40 e 59. Chi ha ricevuto la terza dose finisce in terapia intensiva di più di chi si è vaccinato con due dosi, indipendentemente dal fatto che esse siano state somministrate da oltre o da meno di 120 giorni.
Da 12 a 39 anni, l’incidenza dei casi di Covid, dal 15 aprile al 15 maggio, è stata di 2.912 infezioni ogni 100.000 persone tra i non vaccinati, 1.218 tra i vaccinati da oltre quattro mesi, 3.054,4 tra i vaccinati più recenti e 2.892,1 tra i vaccinati con la terza dose. Da 40 a 59 anni, l’incidenza è stata di 2.429,4 casi tra i non vaccinati, 1.493 tra i vaccinati da oltre 120 giorni, 2.712,9 tra i vaccinati da meno di 120 giorni e 2.683,6 tra chi si è sottoposto al richiamo. Ciò che se ne deduce è che lo schermo offerto dal vaccino, in presenza di Omicron e delle sue sottovarianti, si è enormemente indebolito.
Ma allora vien da chiedersi: come mai, se lo scudo vaccinale è diventato così fallace, gli inoculati con due dosi da più tempo sembrano essere quelli più al sicuro? Il motivo potrebbe essere che, tra gli under 60, pur avendo subito la puntura da oltre 120 giorni, siano per la maggior parte individui che, successivamente, si sono infettati con Omicron dopo la doppia iniezione. Dunque, questi soggetti beneficiano dell’immunità naturale, peraltro maturata in rapporto al ceppo virale prevalente. Omicron, appunto.
Lo stesso discorso vale per i ricoveri in area non critica. Gli under 60 che si sono lasciati inoculare oltre 120 giorni fa risultano essere meno a rischio sia dei vaccinati recenti, sia di quelli con il booster. Tra 12 e 39 anni, l’incidenza delle ospedalizzazioni, nei vaccinati meno recenti, è di 6,2 ogni 100.000 persone; in quelli più recenti è di 16,3; e in quelli con la terza dose è di 10,1. Nella fascia anagrafica 40-59 anni, l’incidenza varia dai 10,4 ricoveri tra i vaccinati da più di quattro mesi, ai 15,7 tra i vaccinati da meno di quattro mesi, agli 11,8 tra i vaccinati con booster. Dunque, ancora una volta, chi si è vaccinato da poco, nel contesto Omicron, risulta avere le armi spuntate. Inoltre, la terza dose on aggiungerebbe protezione alle due eseguite prima di gennaio.
Qualcosa non sta funzionando. E l’Iss lo conferma. Fortunatamente, le inoculazioni delle terze dosi sono praticamente ferme: da inizio mese non sono mai arrivate a 11.000 al giorno. Forse, nonostante la propaganda di Stato, gli italiani hanno capito da soli che la terza dose con l’espansione di Omicron non garantisce protezione.