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“Autarchia”, la danza secondo il coreografo Roberto Doveri

Prosegue al Castello dell’Acciaiolo di Scandicci “Nutida”, la rassegna che propone opere di artisti giovanissimi che debuttano per la prima volta sulla scena nazionale

Francesco Capaldo di Francesco Capaldo
Novembre 1, 2022
in Spettacoli
Tempo di lettura: 3 mins read
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“Autarchia”, la danza secondo il coreografo Roberto Doveri

Autarchia. Ricerca del proprio sé, di un ubi consistam. Questo è il senso della ricerca di Roberto Doveri, di un giovane coreografo di autentico talento. Giovane come i danzatori e le danzatrici che partecipano a Nutida, al Castello dell’Acciaiolo a Scandicci, che propone per la prima volta fino al 20 luglio opere di artisti giovanissimi che debuttano per la prima volta sulla scena nazionale. Nutida è corpo, utopia, luogo fisico, reale ma anche spazio simbolico, incontro fra l’antico e il moderno, dramma, speranza e solitudine. Ognuno di loro porta avanti la sua ricerca, con la propria sensibilità e una propria originalità. Il filo comune che lega le opere dei diversi partecipanti è l’umano declinato nelle sue diverse accezioni: come paura in When he plays, come perseveranza e speranza in Penelope di Aldo Nolli o analisi dei rapporti fra gli individui in IMA- studio di Sofia Nappi.

 

Originalissima è in questo quadro la ricerca di Roberto Doveri, che è frutto di una elegantissima ma anche severissima tecnica. In questo spettacolo si parte da una condizione di immobilità per arrivare poi a una rottura dell’ordine. C’è il silenzio prima del movimento, che si basa su un accordo perfetto fra gesto e musica. Ogni passo dei danzatori è tensione verso un punto indefinito, un altro non identificabile, un altro del pensiero, un’elevazione fra terra e cielo. Le loro azioni sono attentamente calibrate ed hanno una grande valenza simbolica. Sono lente e misurate ma anche interiorizzate, sorrette sempre da una profonda emotività. Perfetta è anche la sintonia fra i corpi delle due ballerine, figure quasi speculari. Intorno a loro ruota il mondo messo in scena da Doveri: sono loro il cerchio quasi dell’esistere sulla scena a cui tutto tende e da cui tutto poi prende origine.

Autarchia è uno spettacolo di architetture, di geometrie, di simmetrie, di movimenti ma anche di sintonia di sguardi, che lascia trasparire però una ricerca di senso e una drammaticità vissuta non nella parola ma nel corpo, nel suo muoversi sulla scena. I corpi qui si librano nello spazio lievi, quasi cercano di liberarsi del loro peso, di ritrovare nella rottura dell’ordine un’armonia perduta. I volti dei danzatori, specie nei movimenti più veloci e tesi, portano tutta la tragedia del presente, un’inquietudine non definibile che cercano di risolvere in azioni che svelano la solitudine, l’angoscia dell’uomo moderno, un male non sempre definibile. I gesti si costituiscono in una narrazione che ha un suo momento di tensione. L’inquietudine che li attraversa cresce durante l’esecuzione dello spettacolo; i movimenti si fanno più concitati, a volte anche strazianti, a tratti commoventi. Sembrano a tratti simmetrie per colmare il vuoto di perdite, per trovare un senso nel vortice di assenze e per arginare i deserti dell’anima. Le mani si sfiorano, i volti si incontrano nell’impossibilità di un’autentica prossimità.

Doveri costruisce una narrazione tragica, un percorso dal silenzio e dalla solitudine alla possibilità dell’incontro. Il suo percorso è caratterizzato da un continuo e difficile camminare su un terreno di distanze e di drammi inesprimibili. I gesti delle due ballerine quasi fanno da controcanto a quelli dei ballerini. Sono loro che con la loro azione rimettono in moto la vita, l’esserci in questo mondo. Attivano sintonie dimenticate, attimi di ebbrezza, di stupori improvvisi. Grazie a loro si creano nuove forme, altre corrispondenze, assonanze, imprevedibili pulsioni, possibilità di epifanie.

Il suono, il movimento, la rottura dell’ordine assume un alto valore evocativo. Si caratterizza come condizione esistenziale, come un disperato ancorarsi contro il male, la morte, l’inquietudine profonda dell’uomo. Un percorso in conclusione per riscoprire l’uomo, il valore di un gesto, di uno sguardo nella irrequietudine del reale, disordinato, privo di qualunque punto di riferimento, e spesso alienante. Uno spettacolo che toglie il fiato, fatto di movimenti febbrili, di intermittenze, fino al bacio finale, quasi un atto d’amore contro la stupidità del male, della guerra interiore di ogni uomo. Come grido di vita contro la morte. Come movimento, rinascita!

Tags: AutarchiaDanzaNutidaRoberto DoveriScandicci
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