Due strane coincidenze hanno accompagnato le dimissioni di Mario Draghi: il rialzo dei tassi di interesse della Bce e l’aumento dei flussi di gas russo verso il nostro Paese. Il colosso energetico russo Gazprom ha comunicato che la consegna di volumi di gas sarà pari a circa 36 milioni di metri cubi, a fronte di consegne giornaliere pari a circa 21 milioni di metri cubi effettuate nei giorni scorsi. Un incremento, dunque, del 75% nelle forniture. C’è chi sostiene che sia un messaggio velato di Vladimir Putin: un governo meno “atlantista” significherà un inverno meno freddo per gli italiani.
La crisi energetica in corso è dovuta innanzitutto alle politiche di boicottaggio dei combustibili fossili in atto da più di dieci anni: il rialzo è iniziato l’estate scorsa ben prima della guerra in Ucraina scoppiata a febbraio 2022. Poi ovviamente sono arrivate le sanzioni alla Russia. E infine, dato che in realtà il prezzo del gas russo di Gazprom che Eni come intermediario compra è invariato rispetto ad un anno fa, la speculazione.
Le sanzioni alla Russia hanno innescato non solo un aumento dei costi energetici, ma anche dei beni alimentari. Bollette energetiche che triplicano, creando le condizioni di una inflazione galoppante, gravano su aziende, lavoratori, famiglie e pensionati a fronte di un bonus di 200 euro una tantum. Il costo dei carburanti ha raggiunto punte mai toccate, senza peraltro essere giustificato dal rapporto del costo del petrolio al barile, facendo intendere in maniera chiara che a monte ci sono speculazioni che il governo Draghi non ha neanche tentato di arginare, ben conscio invece di poter fare cassa prelevando proporzionalmente Iva e accise dal portafoglio dei cittadini. Però è intervenuto tempestivamente togliendo l’Iva sulle armi (ignorando di essere il governo di un Paese che ha nella sua Costituzione ha proprio il rifiuto al ricorso alle armi per dirimere le controversie internazionali).
Difficile sostenere quindi che Draghi fosse la soluzione per un disastro che ha contribuito più di altri a creare. «La seconda legge di Cipolla dice: “lo stupido fa male agli altri senza far bene a se stesso”. E questa legge si applica a chi (Draghi, ndr) ha letto questa frase: “Sono qui perché e solo perché gli italiani lo hanno chiesto ». Il professor Giulio Tremonti quella famosa lettera di Trichet e Draghi dalla Bce all’Italia, che portò alle dimissioni dell’allora governo Berlusconi, non l’ha affatto dimenticata. E nel suo intervento a Omnibus su La7, l’ex ministro dell’Economia ha criticato aspramente l’esperimento di unità nazionale con un capo di governo che è lì proprio perché non eletto.
«Per capire quello che sarà bisogna capire da dove si viene – dice l’ex ministro – Nel maggio del 2011, dopo essere stato dal governo italiano alla Bce, il governatore della Banca d’Italia Draghi scrisse che la gestione del pubblico bilancio era prudente». Un mese dopo, però, salito al board della Bce, insieme a Trichet ha inviato una «lettera devastante» che Tremonti non teme di definire un «colpo di Stato». «I numeri italiani erano relativamente buoni e sotto controllo, eppure quella lettera ruppe, per favorire Germania e Francia, il principio della solidarietà europea. Il dramma è stato questo: sulla finanza globale non vennero messe regole. Dissero che non servivano e che il meccanismo funzionava grazie al financial stability board presieduto nel 2009 dal governatore italiano Mario Draghi. Dal 2011 in poi la crisi viene superata in Usa e Ue stampando moneta».
Draghi come governatore della Bce ha superato la crisi facendo stampare 4mila miliardi per comprare titoli di stato e spingere il rendimento a zero. Conseguenza: un netto aumento dell’inflazione. «Dal 2012, da Draghi in poi, alla Bce – spiega Tremonti – sono state violate le due regole fondamentali dell’euro: il 2% dell’inflazione che da tetto è diventato obiettivo da raggiungere e infatti sono stati così bravi che adesso siamo all’8%; e poi alla Bce era vietato di finanziare i governi e invece noi l’abbiamo trasformata in un edge found piena di titoli tossici. E adesso pagheremo i conti tutti. Perché il sistema sta andando in difficoltà. La bolla speculativa e dell’inflazione è enorme».
L’uomo che ha “salvato l’euro” è stato poi richiamato dalla pensione 17 mesi fa per “salvare l’Italia” dalla pandemia. Ma non c’è riuscito. «Non ti vaccini, ti ammali, muori»: la sua frase sull’obbligo vaccinale passerà alla storia, come quell’altra secondo cui il Green pass sarebbe stata una «garanzia di ritrovarsi tra persone non contagiose». Ma con Draghi al governo, nonostante le sue politiche di vaccinazione forzata e lockdown, la mortalità in Italia è aumentata nel 2021.
Draghi ha speso una cifra complessiva intorno a 30 miliardi per centinaia di milioni di tamponi, vaccini e degenze Covid a peso d’oro (fino a 9mila euro al giorno). In più ha imposto restrizioni e discriminazioni inutili in nome dell’emergenza epidemiologia come il Green pass, necessario fino a qualche mese addietro per svolgere qualsiasi attività fuori casa, l’obbligo vaccinale imposto ai lavoratori over 50 dietro la minaccia di perdere la retribuzione se non il posto di lavoro e le discutibili regole per la scuola che hanno discriminano gli studenti non vaccinati. Queste politiche hanno contribuito a disintegrare il tessuto economico del Paese e costretto lo Stato a fare deficit intorno al 9% del Pil l’anno scorso e al 6% quest’anno: il debito pubblico è schizzato a 2,760 miliardi.