Per mesi ci hanno detto che il “grande centro “avrebbe rinnovato l’Italia. Invece Calenda dopo aver dato sfoggio del proprio ego, ha abbracciato la coalizione con il Partito democratico: Letta e Calenda hanno trovato l’intesa per correre insieme alle elezioni del 25 settembre. «Un patto elettorale» che è un trionfo per l’ex ministro dello Sviluppo economico: al netto dei pochi uninominali che andranno a Sinistra italiana ed Europa verde, ben il 30% dei posti verrà attribuito ai candidati di Azione e +Europa, contro il 70% del Pd. Un’ipervalutazione che il cartello liberale è riuscito a ottenere “pompando” i sondaggi che gli attribuiscono tra il 6% e il 7% dei voti (contro il 23% dei dem) e facendo dimenticare quelli, altrettanto recenti, che non lo stimano oltre il 3,6%.
Per mesi il leader di Azione ha imperversato sui social ripetendo che il suo progetto fosse talmente cristallino che nessuna alleanza avrebbe mai potuto ingolosirlo. «Noi corriamo da soli», ripeteva Calenda. Poi è caduto Draghi e gli scenari sono cambiati. Dopo avere detto che c’era bisogno di una forza nuova sul panorama politico ha cominciato a imbarcare il meglio, almeno secondo lui, di Forza Italia, da Gelmini a Brunetta a Carfagna. Poi le trattative con il Pd, le divergenze con Di Maio e l’allontanamento da Matteo Renzi. E così i giornali ci hanno costretti per una settimana a stare appesi alle decisioni di Azione. Come se Azione fosse davvero l’ago della bilancia di queste elezioni anticipate.
Letta e Calenda alla fine hanno raggiunto l’accordo, che Conte, tradito, chiama «ammucchiata». Dentro ci sono Pd, +Europa/Azione, Impegno civico/Centro democratico (il nuovo soggetto lanciato da Luigi Di Maio e Bruno Tabacci) e Sinistra italiana/Europa verde. Il “grande centro” che giurava di avere imparato a camminare con le proprie gambe anche questo giro adotta la solita strategia: si è attaccato alla sottana degli altri.
L’obiettivo dichiarato è quello di portare avanti l’agenda Draghi. Nel documento che contiene l’accordo, Pd e Azione spiegano anche di avere trovato un compromesso su alcune proposte politiche condivise, fra cui «assoluta priorità all’approvazione delle leggi in materia di diritti civili e Ius scholae». Trovato l’accordo anche sulle candidature: «La totalità dei candidati nei collegi uninominali della coalizione verrà suddivisa tra Democratici e Progressisti e Azione/+Europa nella misura del 70% (Partito Democratico) e 30% (+Europa/Azione), scomputando dal totale dei collegi quelli che verranno attribuiti alle altre liste dell’alleanza elettorale». Pd e Azione si sono anche impegnati a «non candidare personalità che possano risultare divisive per i rispettivi elettorati nei collegi uninominali», come si legge nel testo dell’accordo.