Una diffida contro il governo Draghi: se non ritira immediatamente i vaccini anti-Covid a mRna e non elimina l’obbligo di somministrazione per il comparto sanitario, dovrà rispondere penalmente di «qualsiasi evento lesivo o mortale» risulti conseguenza della vaccinazione. Questo il contenuto della lettera firmata da quattro avvocati di Verona, Cuneo e Catanzaro, e indirizzata al premier Mario Draghi e al ministro della Salute Roberto Speranza, oltre che ai vertici dell’Istituto Superiore della Sanità (Iss), dell’Agenzia Italiana del Farmaco e ai presidenti di Regione.
I legali sostengono che insistere nel vaccinare gli italiani ignorando i numeri studi che evidenziano i rischi della somministrazione potrà comportare l’accusa di dolo eventuale. «Continuando a promuovere farmaci che non riducono il rischio di contagio e con un bilancio costi-benefici “negativo” – scrivono gli avvocati – governo, Aifa e governatori accettano volontariamente il rischio del verificarsi dell’evento, che poteva essere evitato». Sostengono che la letteratura scientifica non può essere ignorata, i responsabili della sanità pubblica non potranno dire di non aver saputo dei rischi segnalati, quindi saranno chiamati a rispondere in sede penale. Come spiegato da La Verità, gli autori della diffida sono Stefania Cappellari, legale di Verona come il collega Francesco Golinelli (che ha lo studio pure a Monaco di Baviera dove segue cause di vaccinati), Laura Manadi di Cuneo e Rosaria Lo Prete di Catanzaro.
Nella diffida si fa riferimento a diversi studi che mettono in guardia sulle reazioni avverse: in particolare viene citata una ricerca firmata da Peter Doshi, professore all’Università del Maryland ed editorialista del British medical journal, pubblicata lo scorso 23 giugno, nella quale si sottolineava il rischio di effetti avversi legati alla somministrazione dei farmaci Pfizer e Moderna, ben superiore rispetto alla comune percezione. Lo scienziato, assieme ad altri colleghi aveva esaminato i dati degli studi clinici randomizzati di fase III, condotti dalle aziende Pfizer e Moderna e consegnati alla Fda per l’autorizzazione al commercio dei vaccini a mRna Covid-19. Il controllo era stato fatto, sia nei gruppi vaccino, sia in quelli placebo, analizzando i serious adverse events (Sae), quelli che richiedono il ricovero del paziente, provocano disabilità permanenti o la morte, e i serious adverse events of special interest (Aesi), come paralisi di Bell, anafilassi, sindrome di Guillain Barr. Le conclusioni erano state che gli eventi avversi erano stati più frequenti nel «gruppo vaccino» e, combinando l’incremento di rischio con i due farmaci, Pfizer e Moderna, risultava un significativo + 43% di probabilità di effetti collaterali potenzialmente fatali o invalidanti, specie a carico del sistema cardiovascolare e della coagulazione.
Alla luce di questi dati allarmanti, «emergono con prepotenza alcuni elementi che non possono essere sottaciuti – dichiarano gli avvocati, ovvero che i vaccini anti Covid-19 non riducono il rischio di contagio, quindi non proteggono la comunità e sono gravati da severi effetti sulla salute». Inoltre, evidenziano che rispetto al sistema di farmacovigilanza attiva presente negli Stati Uniti, che registrava fra prime e seconde dosi ben 21.000 eventi severi ogni 100.000 somministrazioni, l’Aifa con 100 reazioni avverse ogni 100.000 dosi (di cui solo 18 definite gravi) non fornisce un quadro per nulla realistico.
Inoltre, i quattro legali osservano che «il rischio di ricovero per eventi avversi gravi supera nettamente il minor rischio di ospedalizzazione per Covid-19», e dal momento che sicurezza ed efficacia di questi farmaci si avranno solo nel 2023, chiedono che vengano ritirati e si elimini l’obbligo di vaccinazione per i sanitari. In un atto normativo «e tutt’ora in vigore si dichiara apertamente che il vaccino serve per prevenire il contagio e sulla base di questa premessa si è arrivati a sacrificare il diritto alla salute di milioni di persone, basti solo pensare all’obbligo vaccinale esplicito e all’obbligo surrettizio introdotto con l’utilizzo del super green pass, per tutelare un ineffabile e generico interesse collettivo». Ricordano al ministro della Salute e ad Aifa che «l’imperativo ippocratico primum non nocere è un principio basilare per ogni provvedimento di sanità pubblica». Se il governo decide di ignorare questa diffida e accetta che gli eventi avversi o le morti per vaccino siano il «prezzo che è disposto a pagare pur di conseguire il proprio fine», si concretizza non la colpa cosciente ma l’ipotesi del dolo eventuale.