In questi giorni, fra i molti libri letti in questa calda estate, ho voluto rileggere “Appunti su Hobbes” di Durkheim. Forse è stato per un bisogno di ritorno ai maestri, forse per cercare attraverso la voce di un grande del secolo scorso di capire meglio quanto accade intorno a noi. Viviamo in tempi bui, la scienza forse può aiutarci a comprendere alcuni aspetti del presente. Appunti su Hobbes, come lo stesso titolo indica, sono gli appunti annotati da Marcel Mauss durante un corso che Durkheim tenne su Hobbes.
Si tratta di una testimonianza molto importante non solo per la storia della sociologia ma anche per chiunque vuole studiare i fenomeni sociali. La prima cosa che ci insegna questo scritto di Durkheim, in quale parte da Hobbes per approfondire alcune questioni sociologiche che gli stavano particolarmente a cuore, è che la conoscenza scientifica presuppone sempre la comprensione approfondita del pensiero di chi ci ha preceduto. È una lezione importante specie per chi ritiene che i pensatori del passato non abbiano più nulla da dirci.
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Durkheim da fine interprete della filosofia di Hobbes legge gli scritti del maestro con attenzione, con profondità. Con perizia filologica riesce a comprendere in cosa consiste l’importanza e la novità del De cive. Con onestà intellettuale ne riconosce il valore, che a suo giudizio è tutto nel modo nuovo in cui per la prima volta viene studiata la società umana, cioè non più come un prodotto della natura ma come il risultato dell’opera dell’uomo. Dell’opera di Hobbes non gli interessa il risultato finale ma la complessità, l’originalità del lavoro, il metodo, che parte dalle cose, le priva di qualunque alone di misticismo, e arriva a considerare, con un grande anticipo rispetto ai suoi tempi, le entità politiche come prodotti della ragione. Durkheim ingaggia con lo scritto di Hobbes un vero corpo a corpo: non per fare sfoggio di erudizione o di sottigliezze filosofiche (da questo punto di vista ci dà anche una lezione di didattica, in quanto il vero maestro trasmette più che sterili nozioni un metodo!) ma per andare al cuore dei processi logici, e per spiegare in che modo si è formata la società umana e in che modo si sono costituite le entità politiche. Scrive a tale proposito J. F. Bert (p.59):
[…] Per Durkheim la concezione contrattualista di Hobbes non ha una basa storica valida. Inoltre, come ha correttamente notato Bernard Lacroix, ciò che importa a Durkheim è comprendere, partendo dalla società, la genesi delle entità politiche, il rapporto di queste entità con la ripartizione degli individui sul territorio, ma anche le ‘modalità di differenziazione, in seno a queste unità inglobanti, di un’attività specifica, l’attività politica, che ambisce a risolvere problemi che essa qualifica come ‘comuni’ […]
Secondo Durkheim Hobbes è un precursore della ricerca sociologica. Egli è il primo a trattare i ‘fatti sociali come cose naturali che è opportuno studiare’. La sua è un’opera che lega l’individuo alla società (p.101) e prova a stabilire come l’azione dell’individuo possa svolgersi all’interno della società. Da questo punto di vista sia il pensiero di Hobbes che quello di Durkheim per noi è di grande attualità (si pensi alla pandemia, la guerra fra Russia e Ucraina, la crisi ambientale, ecc.), in quanto ci avverte di due cose molto importanti. La prima è che la società e i suoi problemi vanno studiati scientificamente; una lettura dei fatti sociali emotiva, arazionale (come spesso propongono la televisione o i mezzi di comunicazione di massa!) non può in alcun modo aiutarci a trovare dei modi adeguati a risolvere i problemi. La seconda cosa è che la società umana non può reggersi sugli interessi privati dei singoli cittadini. L’egoismo è quindi tutt’altro che una qualità positiva se mina il bene comune. Scrive Bert (p. 62):
[…] Ciò che interessa Durkheim è il fatto che per Hobbes una società non può riposare in alcun modo sull’egoismo degli individui che la compongono, né, per altro, sui soli interessi privati. La società è anzitutto una società morale, cosa che implica che gli individui devono riconoscersi come parti che appartengono a un tutto. Per Hobbes, per ottenere ciò che è bene per sé bisogna obbedire alla Morale, cooperare ed essere disposti a cooperare con gli altri. […]
La parola morale in tempi in cui tutti sono autorizzati a fare tutto (a frodare lo Stato, a rubare, a non rispettare le leggi, ecc.) e a non pagare mai per le proprie colpe, sembra d’altri tempi. Eppure forse dovremmo riscoprirne il valore. Forse dovremmo fare nostra la lezione di Hobbes e di Durkheim. Se davvero siamo esseri razionali dovremmo capire che senza il rispetto delle norme, la cooperazione e la solidarietà, la società umana non può andare avanti, non può superare di volta in volta le difficili sfide che l’attendono.