Percorso a ostacoli per poter esercitare il diritto di voto. Sono scaduti i termini per i positivi che vogliono votare: non è più possibile avviare la complessa trafila burocratica per prendere parte alle
elezioni a domicilio. Secondo le stime di Fondazione Gimbe, allo scorso 16 settembre, erano 421.980 gli italiani positivi al coronavirus. Entro il 20, questi avrebbero dovuto attrezzarsi con la modulistica da consegnare nei Comuni di residenza con la richiesta di voto da casa.
Quasi mezzo milione di persone, il cui voto potrebbe essere facilmente scoraggiato dalle farraginosità burocratiche. Specie nel caso di chi era già tentato dalla prospettiva di non per niente recarsi alle urne. Una trafila articolata, al punto da risultare sospetta. Per esercitare il supremo diritto-dovere democratico, bisognava presentare una dichiarazione attestante la volontà di esprimere il voto presso il proprio domicilio, ma solo in un periodo compreso tra il decimo e il quinto giorno prima della data delle elezioni; e un certificato firmato dal funzionario Asl incaricato, il quale confermasse che l’interessato era sottoposto a un trattamento domiciliare, oppure si trovava in isolamento. Purché, però, il documento non fosse più vecchio di 14 giorni: al quindicesimo, infatti, gli infetti possono uscire anche senza tampone negativo.
Diverso l’iter per i ricoverati. Questi ultimi sono autorizzati a votare nelle sezioni ospedaliere, qualora le strutture che li ospitano dispongano di almeno 100 posti letto. Altrimenti, il loro voto dovrà essere raccolto presso i nosocomi. Anche in questo caso, una filiera da organizzare per tempo, con un impegno logistico per i Comuni. Un procedura complessa che non ricalca affatto il sistema messo a punto per consentire agli onorevoli di partecipare all’elezione del presidente della Repubblica: i parlamentari avevano avuto il permesso di abbandonare la quarantena e giungere a Roma con un mezzo privato per esercitare il loro diritto di voto.
Senza contare, poi, l’incomprensibile esclusione di chi si ammalerà tra il 20 e il 25 settembre. Il Viminale spiega che per espletare le pratiche, non sono sufficienti 24, 48 e magari nemmeno 72 ore. E che è necessario effettuare con scrupolosità le verifiche, per evitare che qualche furbetto, fingendosi contagiato, riesca magari a votare due volte: una al seggio e una a casa. Se lo scopo è limitare i rischi, l’effetto potenziale risulta controproducente: chi maturasse sintomi adesso, sarà incentivato a evitare l’autodenuncia per schivare l’isolamento e per potersi recare alle urne.