– Ci racconti tutto.
– Non tralascerò alcun particolare. Per aiutarli a studiare meglio le materie scientifiche la professoressa di fisica ha creato un gruppo su internet. Ed è accaduto che…
Laura era allibita. Era la coordinatrice, ma non sapeva che la sua classe fosse così poco scolarizzata.
– Cosa?
– È accaduto che uno degli studenti l’ha insultato dandole della…
– Non lo dica, la prego! Siamo in un’istituzione pubblica. Questo è inaccettabile. Bisogna intervenire! – asserì la preside.
Laura si domandò come facesse la collega ad essere così informata sui fatti. Voleva vederci chiaro.
– Come fai a sapere tutte queste cose?
– È semplice, so tutto grazie a Facebook.
– Cioè?
– Ho dato ai ragazzi la mia amicizia su Facebook e così so ciò che accade nella classe.
– Davvero?
– Sì.
– Si deve cancellare subito! – gridò la preside.
– Dovrei cancellarmi? Che cosa faccio di così grave?
– Perché dovrebbe? Possibile che non capisce? Lei è complice delle loro azioni. Noi siamo pubblici ufficiali, non possiamo partecipare ai gruppi dei ragazzi.
La dirigente assunse un tono perentorio, che non ammetteva alcuna possibilità di replica. La professoressa di scienze si strinse nelle spalle quasi subisse un’assurda e incomprensibile imposizione.
– Va bene. Lo farò…
Laura ebbe l’impressione di trovarsi in un teatrino dei pupi. Non voleva andare al manicomio e doveva trovare un modo per uscire da quella situazione. Doveva far ricorso a tutta l’esperienza, che aveva accumulato prima da precaria girando di cattedra in cattedra, e poi con lunghissimi anni di dignitosissimo ruolo. Doveva fare la voce grossa con i suoi studenti e con i colleghi.
– Preside…
– Sì, dica.
– Quanto è accaduto è gravissimo. Dobbiamo prendere dei provvedimenti disciplinari.
– Sì, mi sa che lei hai ragione.
La collega di scienze prima la guardò in cagnesco, poi sbiancò. La preside si impietosì e cambiò idea sulla questione.
– Forse non è il caso… domani hanno l’assemblea di classe e discuteranno sul loro comportamento.
La professoressa Rossi cercò di recuperare terreno. Non poteva permettersi di perdere quella battaglia: era una questione di vita o di morte.
– Insisto. Lei dovrebbe partecipare all’assemblea. Gli deve fare una lavata di capo. Dovrebbe far sentire loro che le istituzioni ci sono.
– Sì, forse è il caso. Aspetti però che senta prima la Papini di fisica. Se sarà lei a chiederlo, solo in quel caso… O forse sarebbe il caso che andassi io stessa in classe? Non so che fare.
– Dobbiamo pretendere che i ragazzi rispettino le regole.
– Sì, le regole. Lei ha ragione.
– Deve venire in classe.
– Certo. Verrò in classe. Prima però gli faccia vedere un video sul cyberbullismo.
– Va bene. Lo cercherò già oggi su internet.
– E la Papini? Che facciamo con la Papini? Aspettiamo che facciano la riunione?
– Sì, aspettiamo che facciamo la riunione. – asserì Laura, che capì che la battaglia era persa, e poi aggiunse: -Scusi, ma io ero qui per un’altra ragione.
– Mi dica pure.
– Volevo un mese di aspettativa per motivi familiari.
– Mi presenti la domanda. Ci penserò.
– Ora vado. Ho lezione.
– Anch’io. – disse la collega di scienze.
Le due donne uscirono dall’ufficio della preside senza guardarsi neanche in faccia e piene di bile in corpo si diressero ognuna alle proprie classi.
Laura non lo sopportava più quel maledetto computer. Aveva la sensazione che invece di semplificarle la vita gliela complicasse. La connessione era lentissima. Ci aveva messo dieci minuti per aprire la posta elettronica. Le erano arrivate una quantità enorme di circolari dalla scuola. Ci voleva mezzo pomeriggio solo per leggerle e aveva due pacchi di compiti da correggere. Alle 16.00 aveva un collegio docenti straordinario per eleggere uno dei membri del ‘Comitato di valutazione’ e per approvare il nuovo PTOF. Doveva andare.
… Continua… Vi aspettiamo alla prossima puntata!