Di recente l’Istituto superiore di sanità ha parlato di una vera “epidemia” di tumori nel nostro paese: nel 2022, in Italia, sono stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro (nel 2020 erano 376.600), 205.000 negli uomini e 185.700 nelle donne, con un incremento in due anni di 14.100 casi. Le cause vengono individuate negli stili di vita sempre più scorretti dato che il 33% degli adulti è in sovrappeso, il 10% obeso, il 24% fuma e i sedentari sono aumentati dal 23% nel 2008 al 31% nel 2021. Certamente l’interruzione delle normali attività di diagnosi, interventi chirurgici e terapie in conseguenza della pandemia ha contribuito ad aggravare questo bilancio.
Vi è però un altro potenziale fattore di rischio sempre più presente nella letteratura scientifica, ovvero il possibile ruolo causale dei vaccini a mRNA nell’insorgenza e/o progressione di forme tumorali. È quanto sostiene Patrizia Gentilini, medico oncologo ed ematologo di Forlì, molto noto e apprezzato anche come divulgatore scientifico in televisione e sui giornali (cura una rubrica fissa di Salute e Medicina sul Fatto Quotidiano).
«L’utilizzo di vaccini a mRNA nel contesto delle malattie infettive non ha precedenti e molte sono ancora le incognite al riguardo, visto che non è chiaro da quali cellule dell’organismo, dopo l’inoculo, venga prodotta la proteina Spike, quanta se ne produca, per quanto tempo e dove si distribuisca», spiega Gentilini. «È tuttavia accertato che la proteina Spike indotta dal vaccino ha una azione pro-infiammatoria e può interagire con complesse funzioni biologiche dell’organismo, in particolare interferendo con la produzione di citochine, sostanze modulatrici del sistema immunitario». Gentilini segnala poi che questi prodotti non sono stati testati né per genotossicità né per cancerogenicità e nulla si sa dei loro effetti a lungo termine.
Di fatto risultano pubblicati sia casi di nuova insorgenza che di rapida progressione di tumori già esistenti a breve distanza dalle vaccinazioni contro il Covid-19, ma di ancor maggiore interesse sono i lavori che indagano i possibili meccanismi alla base di tutto questo. «L’argomento è ovviamente molto complesso – spiega l’oncologo – ma ancora una volta sarebbe coinvolto il sistema immunitario dell’ospite che, stimolato in modo abnorme con i ripetuti inoculi, perderebbe la propria efficienza. In particolare sarebbe alterata la sorveglianza immunitaria nei confronti delle cellule tumorali a seguito della diminuita produzione di interferone, ma si avrebbe anche una esagerata produzione di un fattore di crescita (TGFbeta), sostanza in grado di indurre in cellule già differenziate, una “regressione” verso lo stato mesenchimale (stato proprio delle prime fasi della vita embrionale), con capacità di metastatizzazione e maggiore aggressività biologica».
«Noi dovremmo monitorare attentamente le conseguenze a lungo termine di questi vaccini, specialmente quando vengono somministrati a individui altrimenti sani e aprire finalmente un dibattito scientifico degno di questo nome. Purtroppo la censura di ogni voce dissonante, anche se autorevole, che si è registrata nel corso di questi due anni è qualcosa di inaudito che non ha giovato alla scienza e tanto meno alla salute; come scritto nell’articolo infatti: “la censura di opinioni e punti di vista opposti o alternativi può essere dannosa per il pubblico, soprattutto durante situazioni di crisi come le epidemie, che sono caratterizzate da grandi incertezze, poiché può portare a perdita di importanti punti di vista, informazioni e prove scientifiche», conclude Gentilini.