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Oltre l’inchiesta di Bergamo, bisogna chiarire le responsabilità politiche

Serve una commissione d’inchiesta parlamentare per chiarire tutto ciò che è andato storto in quei tragici mesi

Redazione di Redazione
Marzo 4, 2023
in Italia
Tempo di lettura: 2 mins read
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Oltre l’inchiesta di Bergamo, bisogna chiarire le responsabilità politiche

Sarà la magistratura a darci alcune delle risposte, sarà l’informazione a non affievolire il flusso e sarà la politica a rimettersi in discussione. Adesso serve una commissione d’inchiesta parlamentare. Non era così che si doveva procedere. «Di fronte alle migliaia di morti e le consulenze che ci dicono che questi potevano essere eventualmente evitati, non potevamo chiudere con una archiviazione». A parlare è Il procuratore della Repubblica di Bergamo, Antonio Chiappani: l’inchiesta sulla gestione Covid dei primi mesi nella provincia più martoriata d’Italia si è conclusa con un’accusa gravissime a carico dei massimi esponenti politici nazionali e regionali per le vittime della prima ondata di Covid nel marzo 2020. Da Conte a Speranza, da Brusaferro a Locatelli, da Fontana a Gallera.

Misure non adottate per tempo, restrizioni arrivate troppo tardi, decisioni e soprattutto omissioni di persone che a diverso titolo avevano la possibilità o la responsabilità di intervenire. Elementi che si aggiungono al mancato aggiornamento del piano pandemico italiano e che insieme ricostruiscono un quadro di inadempienze fatali. La mole di atti, documenti e file sequestrati dalla procura di Bergamo sarà sicuramente considerevole. Di certo tre anni di indagini sull’origine della strage nella Bergamasca avranno permesso ai magistrati di chiarire alcune lacune, molte già emerse sulla stampa, nella gestione di quei concitati giorni di inizio 2020. Ma si tratta di un’inchiesta complicata, in cui definire i reati sarà davvero arduo e non è certo possa portare a decretare il “nesso di causalità” tra gli atti compiuti dai decisori politici e il decesso di migliaia di persone.

La questione andrebbe affrontata sul piano politico e non su quello giudiziario. Dopo oltre tre anni di inconfutabili riscontri numerici, sappiamo con certezza che il virus rappresentava sin dall’inizio un grave rischio di salute solo per una ristretta fascia della popolazione: le persone fragili, gli anziani e i portatori di importanti patologie pregresse. Persone fragili che andavano tutelate in ogni modo, ma senza paralizzare il Paese, provocando danni economici e sanitari che non sono stati ancora valutati nella loro dimensione.

Bisognerebbe chiarire le “responsabilità politiche”, cioè su tutto ciò che è andato storto in quei tragici mesi. L’Italia in panico, bloccata da lockdown e chiusure, in attesa della messa quotidiana: la diretta Facebook per sapere come e se muoversi da casa, cosa fare e come ripartire. Le vite degli italiani nelle mani di Conte e Speranza e di tutti coloro che oggi sono indagati: Locatelli presidente del Consiglio superiore di sanità; Brusaferro presidente dell’Istituto superiore di Sanità; Miozzo ex coordinatore del comitato tecnico scientifico, Borrelli ex capo della Protezione civile. Ma c’era un’altra strada? Forse sì, ma chi osava dire qualcosa di diverso veniva isolato. Il Parlamento e le sue commissioni? Gli altri ministri? Le opposizioni? Tutti tacciono.

Sta di fatto che l’eventuale processo non potrà che basarsi sul presupposto secondo il quale, per salvare la vita di tante persone, si sarebbero dovute adottare misure ancor più restrittive rispetto a quelle che poi sono state imposte a tutta la popolazione. In questo caso il vero e unico imputato da mettere politicamente sotto accusa è il sistema istituzionale nel suo complesso che, contrariamente all’esperienza di tanti altri Stati di diritto, ha trasformato l’Italia in un oppressivo regime sanitario basato su obblighi vaccinali e Green pass.

Tags: Covid-19Giuseppe ConteInchiesta CovidProcura di BergamoRoberto Speranza
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