Dermatite, rinite, congiuntivite, asma. L’organizzazione mondiale della sanità stima che nel 2050 le allergie colpiranno il 50% della popolazione. Tanto che si parla di una vera e propria “epidemia allergica”. La lunga siccità, sommata alla fioritura in anticipo di piante quali betulla, parietaria, graminacee, cipresso e olivo, è responsabile del progressivo incremento delle allergie respiratorie. Le allergie sono in costante crescita, in particolare nei grandi centri urbani, amplificate dall’aumento delle temperature e della presenza di agenti chimici nell’atmosfera, che contribuiscono ad alimentarne i sintomi. Ne abbiamo parlato con il dottor Fabio Di Claudio, specialista in Allergologia e Immunologia presso il Centro Medico San Marco di Milano.

Quali sono attualmente le ipotesi più accreditate per giustificare l’aumento delle allergie?
«Una di queste è la cosiddetta “ipotesi igienica” (ipotesi di Strachan del 1989), che attribuisce tale incremento al fatto che il nostro sistema immunitario “lavorerebbe” meno rispetto al sistema immunitario dei nostri nonni e bisnonni; secondo questa teoria, il cambiamento radicale nell’esposizione ai microrganismi, legato all’igiene sempre più diffusa, avrebbe un impatto sull’azione del sistema immunitario, riducendo la produzione di un tipo di linfociti (i linfociti T helper-1), che risultano essere “protettivi” nei confronti delle malattie allergiche. Ciò potrebbe essere responsabile, almeno in parte, dell’aumento delle allergie, soprattutto nei Paesi dove le condizioni di vita sono migliori e quindi è ridotta l’esposizione ai germi. Tra i “colpevoli” dell’aumento delle patologie allergiche troviamo però anche l’aumento delle temperature, l’inquinamento ed il peggioramento della qualità dell’aria».
Il cambiamento climatico allunga la stagione delle allergie?
«Il surriscaldamento del pianeta ha anticipato il periodo di fioritura delle piante rispetto all’arrivo della primavera. Da questo dipende il fatto che i pollini si concentrano nell’aria per un arco di tempo ben più ampio. Nei luoghi in cui la qualità dell’aria è peggiore, d’altra parte, i numeri delle allergie sono più elevati. Più alte sono le temperature, maggiore è la quantità di ozono che si sviluppa nell’aria. Parliamo di una molecola non allergizzante, ma che è in grado di irritare l’apparato respiratorio. E, dunque, di accentuare i sintomi respiratori di un’allergia primaverile. A partire dall’asma, rilevabile in quasi il 40% delle persone che ne soffrono: da sola o associata alle altre manifestazioni (starnuti, ostruzione nasale, prurito, rinorrea e congiuntivite). A ciò occorre aggiungere anche l’inquinamento veicolare».
Cosa fare se si sospetta una allergia?
«La scelta migliore da fare, al fine di stabilire un’adeguata prevenzione ed una corretta terapia dei sintomi legati alle allergie, è quella di consultare un allergologo. L’allergologo è il medico specializzato nella diagnosi e nel trattamento delle malattie allergiche. Sarà in grado di identificare le cause dell’allergia, aiuterà il paziente a prevenirne l’insorgenza, a gestirne i sintomi e, ove possibile, a curare definitivamente la malattia. È bene sottolineare che le malattie allergiche sono patologie sistemiche; ciò implica che i sintomi possono interessare contemporaneamente più organi. Per tale motivo, la loro gestione necessita di una visione d’insieme, che non si limiti esclusivamente a quanto esposto dal paziente come motivo della visita. È proprio questo il valore fondamentale di una corretta valutazione allergologica, che non si focalizza esclusivamente sull’organo interessato, ma consente di individuare anche altre patologie allergiche concomitanti».
Come si svolge la visita allergologica?
«Nel corso della visita, l’allergologo valuterà la possibile natura allergica dei sintomi e deciderà di conseguenza se effettuare gli accertamenti allergologici del caso. La visita allergologica non può prescindere da un’adeguata raccolta della storia clinica del paziente (anamnesi). Una allergia può manifestarsi solitamente con sintomi respiratori (starnutazione, naso che gocciola, naso chiuso, tosse, fiato corto, sibilo respiratorio), oculari (occhi che prudono e lacrimano) o cutanei (rossore, gonfiore, prurito, secchezza e desquamazione della pelle). Per l’allergologo sarà importante anche capire quando tali sintomi sono iniziati, se sono sporadici o persistenti, se sono presenti solo in certi periodi dell’anno e se si manifestano in circostanze specifiche, ad esempio in presenza di animali, con l’ingestione di un determinato alimento o dopo aver assunto un farmaco».
Quando fare le prove allergiche?
«Sarà lo specialista a valutare se è necessario sottoporsi a test allergici specifici per accertare o escludere la presenza di un’allergia. La visita potrà, quindi, essere integrata con l’esecuzione di test allergologici cutanei: con allergeni inalanti (pollini, acari della polvere, pelo di animali, muffe) in caso di sintomi respiratori, alimentari (proteine di latte e uovo, pesce, crostacei, carni, grano, frutta, frutta a guscio ed altri ancora) se c’è il sospetto di un’allergia alimentare, ed allergeni da contatto (es. metalli come il Nichel, tessuti, coloranti, conservanti, resine, ecc.) in caso di sospetta reazione da contatto con la pelle. Si può così identificare l’allergene responsabile del quadro clinico del paziente, e di conseguenza attuare le opportune norme di prevenzione ed impostare la terapia più indicata».