Un’altra notizia positiva per i lavoratori discriminati dall’obbligo vaccinale. Questa volta è il Tribunale del lavoro di Torino a ridare giustizia ai sanitari sospesi. Una sentenza ha riconosciuto il risarcimento danni e il rimborso delle spese legali, ma soprattutto l’illegittimità della sospensione dal servizio di un dirigente ospedaliero dell’Asl piemontese per inosservanza dell’obbligo vaccinale.
Non è la prima sentenza a ribaltare il parere della Corte Costituzionale. Sono infatti diversi i tribunali in tutta Italia ad aver ristabilito giustizia. Pisa, Ivrea, Firenze, Napoli: i magistrati sempre più spesso danno ragione a chi ha ha ceduto al ricatto di vaccinarsi. Il caso di Torino però è particolarmente significativo perché riguarda un’alta carica del sistema sanitario nazionale.
La lavoratrice sospesa è una dirigente di un’Azienda Sanitaria della Regione Piemonte che, nonostante fosse già a casa in malattia, si è vista decurtare il proprio stipendio. Non c’è bisogno di sottolineare come una persona chiusa in casa propria non abbia alcuna possibilità di recar danno alcuno. Che poi fosse vaccinata o meno a questo punto poco importa. Secondo la perversa logica del sistema aver risposto no all’obbligo è però sempre e comunque una colpa e ogni contraddizione passa così in secondo piano.
Al momento si conosce solo il dispositivo del provvedimento giudiziario in quanto la sua motivazione verrà depositata entro sessanta giorni, ma il giudice ha riconosciuto la illegittimità di un provvedimento amministrativo che va a ledere il principio della priorità della causa di sospensione dal lavoro, ovvero la consacrazione del principio di diritto in forza del quale un sanitario in malattia non vaccinato non possa essere sospeso dal lavoro e dalla remunerazione retroattivamente in forza di una errata interpretazione di un decreto.