È la strategia dell’Ue per garantire la stabilità finanziaria nella zona euro e fornisce assistenza finanziaria ai paesi che rischiano crisi. Il Mes, Meccanismo Europeo di Stabilità, non è però considerata un’operazione vantaggiosa in Italia, almeno non da tutti. Tra le forze di maggioranza a dirlo apertamente è il ministro Matteo Salvini: «Non ritengo che ci sia bisogno di mettersi in mano a fondi stranieri e a soggetti stranieri anche perché 600mila italiani nei giorni scorsi hanno sottoscritto i buoni del Tesoro per più di 18 miliardi di euro. Quindi io preferisco che le infrastrutture, le scuole e le strade italiane vengano costruite chiedendo i soldi agli italiani, così il debito rimane italiano, mi sento più sicuro».
L’Italia non ha ratificato il Mes, ed è l’unica fra i Paesi europei interessati. La maggioranza ha disertato il voto in Commissione Esteri alla Camera: il testo della proposta di ratifica è passato con i voti di Pd e Terzo Polo, mentre M5s e Alleanza Verdi-Sinistra astenuti. Questo accade poche ore dopo la visita in Italia della presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola che ha stretto il pressing sulla necessità che il Mes venga ratificato da tutti i paesi. Il ministro Salvini punta a una discussione con voto in Parlamento. Il voto è fissato per il prossimo 30 giugno.
La riforma è stata approvata già da tempo a livello europeo e tutti i paesi interessati hanno concluso il procedimento di ratifica parlamentare tranne l’Italia, e per questo le istituzioni europee stanno facendo pressioni sul governo italiano affinché provveda alla ratifica, dato che sta sostanzialmente bloccando l’entrata in vigore della riforma. In questi giorni il parlamento era impegnato nella discussione in Commissione Esteri, in cui però sono emerse difficoltà soprattutto all’interno della maggioranza che compone il governo, che non sa bene come gestire questo voto per motivi politici.
LEGGI ANCHE: Mes e Eurobond: strumenti alternativi o complementari?
Con l’eccezione di Forza Italia, in passato i partiti che compongono l’attuale maggioranza si sono espressi più volte contro la riforma del Mes e contro lo strumento stesso, in sintesi perché ritenuto un opprimente meccanismo burocratico europeo che avrebbe limitato la libertà dei singoli paesi di compiere in autonomia le loro scelte in ambito economico. Una trattativa complicata per la maggioranza e per il governo di Giorgia Meloni.
Fratelli d’Italia e Lega sono da sempre contrari sia alla riforma che al Mes in generale; Forza Italia ha posizioni più morbide e favorevoli, più vicine a quelle del Partito Democratico e di Azione-Italia Viva. Il governo di Giorgia Meloni inizialmente aveva detto di aspettare la decisione della Corte Costituzionale tedesca su un ricorso che avrebbe potuto far saltare l’approvazione della riforma da parte della Germania, ma è stato respinto e da dicembre l’Italia è rimasto l’unico paese a bloccare l’entrata in vigore della riforma. Da allora però i toni del ministro dell’Economia, il leghista Giancarlo Giorgetti, e della stessa Meloni si sono molto attenuati.
La Commissione Esteri sta esaminando due disegni di legge di approvazione della riforma proposti da Partito Democratico e Azione-Italia Viva, che dovrebbero poi essere votati il 30 giugno. Nella speranza di prendere ancora tempo, la maggioranza aveva chiesto un parere motivato sulla riforma da parte del ministero dell’Economia, forse con la speranza di ottenere un rapporto che esprimesse perplessità sostanziali e permettesse ai partiti di non affrontare direttamente la questione.
Tuttavia il capo di gabinetto del ministero ha dato un parere che in sintesi si dichiara favorevole, in cui dice che «dalla ratifica del suddetto accordo non discendono nuovi o maggiori oneri» per la finanza pubblica e che la riforma non prevede «modifiche tali da far presumere un peggioramento del rischio». La vicenda ha provocato un certo imbarazzo al governo, soprattutto perché ha mostrato una distanza tra Giorgetti e il partito di cui fa parte.