Dal meeting di Comunione e Liberazione di Rimini le dichiarazioni dei ministri del governo Meloni innescano ragionamenti, previsioni e speculazioni sulla prossima legge di bilancio 2024. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è stato chiaro: la legge di bilancio per il 2024 si muoverà lungo un sentiero reso stretto dal nodo delle risorse. Risorse su cui pesa anche il tema delle nuove regole del Patto di stabilità, la Magna Charta delle regole di bilancio europee sospesa al tempo del Covid ma destinata a tornare in vigore dal 1° gennaio.
La ripresa del negoziato a Bruxelles è alle porte e l’Italia preme perché si approvi entro l’anno la riforma del Patto di stabilità, in modo da avere le nuove regole da gennaio 2024. Lo ha specificato il ministero dell’Economia con una nota ufficiale: «Il ministro non chiede la proroga della sospensione della clausola del Patto di stabilità», ma che la riforma del Patto sia approvata entro la fine dell’anno in modo da non cominciare il 2024 con le vecchie regole, giudicate da ogni governo italiano anacronistiche e punitive. L’Italia chiede tradizionalmente che gli investimenti siano esclusi dal calcolo del debito, e continua a farlo con questo governo.
Ma a che punto è la riforma del Patto di stabilità? La Spagna, presidente di turno dell’Ue, ha presentato al consiglio dei ministri dell’Economia a Bruxelles un documento che fissa quattro “pilastri” principali del confronto, per organizzare il lavoro delle prossime settimane e arrivare all’Ecofin (i ministri dell’Economia dei 27 Paesi) di ottobre con un’intesa e approvare entro fine anno la nuova governance economica. La ministra delle Finanze spagnola Nadia Calvino ha parlato di «unanimità» tra i ministri sul metodo proposto e «determinazione per procedere celermente e arrivare a un accordo sul pacchetto in autunno».
L’ipotesi contemplata dalla riforma per i Paesi ad alto debito come l’Italia è un aggiustamento del debito in 7 anni, con una discesa graduale di 8 miliardi all’anno (lo 0,45% del Pil). Ogni Stato potrà però negoziare il proprio piano di rientro con la Commissione. In ogni caso, le vecchie regole sarebbero molto più stringenti, e semplicemente insostenibili per il nostro Paese, con una discesa annuale del debito pari al 4,5%. Il problema è che Germania e altri Paesi «frugali» esitano ad approvare la riforma perché vogliono garanzie ferree sulla tempistica dei piani di rientro.