Il primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Benny Gantz, leader di uno dei partiti di opposizione (il centrista Blu e Bianco), hanno raggiunto un accordo per formare un governo di unità nazionale al fine di fronteggiare l’emergenza dopo l‘attacco lanciato da Hamas. Yair Lapid, che guida l’altro partito di opposizione, il centrista Yesh Atid, non ha aderito al nuovo governo. Nei fatti sarà un allargamento dell’attuale governo di destra, entrato in carica dopo le elezioni parlamentari del novembre del 2022.
È il segnale che quella che Israele sta combattendo è una battaglia per la sopravvivenza: Netanyahu ha disegnato un vasto scenario di guerra in cui l’organizzazione terrorista deve essere annullata. «Ricorderà quel che ha fatto per molti anni», ha detto il premier israeliano che secondo diversi commentatori potrebbe significare un’invasione di terra della Striscia di Gaza.
Il nuovo governo prevede la creazione di un ridotto “gabinetto di guerra” che sarà composto dal primo ministro, da Gantz, dal ministro della Difesa Yoav Gallant, dall’ex capo di stato maggiore dell’esercito Gadi Eizenkot (che fa parte del partito di Gantz) e dal ministro degli Affari strategici Ron Dermer. La creazione di un gruppo ristretto che si occupasse della guerra era stata la condizione espressa da Gantz, che in passato è stato ministro della Difesa e ancora prima capo dell’esercito israeliano. Un posto è stato lasciato disponibile per il leader dell’opposizione Yair Lapid che tuttavia aveva posto come condizione per partecipare a un esecutivo di emergenza la destituzione, o quantomeno la sospensione temporanea dall’incarico, dei due leader di estrema destra Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, rispettivamente ministro per la Sicurezza nazionale e ministro delle Finanze nonchè ministro aggiunto alla Difesa.
Nel nuovo governo il partito di Gantz avrà cinque ministri “senza portafoglio”, ossia a capo di ministeri senza fondi propri: l’accordo prevede che il governo duri fino alla fine della guerra, e solo fino ad allora. Finché la guerra sarà in corso in parlamento non verrà avanzata alcuna legislazione o risoluzione del governo che non sia legate alla gestione del conflitto: si ferma dunque la controversa riforma della giustizia promossa voluta da Netanyahu, che prevede una sensibile riduzione dei poteri della corte Suprema e che ha suscitato vaste proteste nel Paese negli ultimi mesi.