Resta alto il livello di scontro intorno allo sciopero del 17 novembre, indetto da Cgil e Uil contro la Manovra del governo Meloni. Intanto la Commissione di garanzia ha confermato quanto deciso l’8 novembre: l’agitazione di venerdì prossimo non può essere considerata sciopero generale «ai fini dell’applicazione della disciplina che consente delle deroghe alle normative di settore sui servizi pubblici». Il garante ha chiesto perciò la rimodulazione dello stop in alcuni settori. Ma i sindacati non ci stanno. «Confermiamo la proclamazione dello sciopero generale e le sue modalità di svolgimento per la giornata del 17 novembre»: hanno affermato in una nota, Cgil e Uil.
Facciamo un passo indietro. Il dibattito era iniziato lo scorso 8 novembre quando la Commissione di garanzia, cioè l’autorità che per legge ha il compito di vigilare sui modi e sui tempi di convocazione degli scioperi, ha diffuso una delibera secondo cui le associazioni sindacali coinvolte avrebbero violato la normativa in vigore, invitandole a rimodulare gli orari e le modalità di convocazione dello sciopero.
Dopo la delibera, contestata dai sindacati, è intervenuto il ministro dei Trasporti Matteo Salvini. La Lega in un comunicato si diceva sicura che la Cgil «ridurrà la mobilitazione o la rimanderà». Ad alcune ore di distanza ne ha pubblicato un altro in cui accusava la Cgil di ignorare «perfino l’ABC delle mobilitazioni» aggiungendo: «Milioni di italiani non possono essere ostaggio dei capricci di Landini che vuole organizzarsi l’ennesimo weekend lungo». Non si è fatta attendere la risposta del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini; «Forse Salvini, che in vita sua non ha mai lavorato, pensa al suo weekend. Capisco il nervosismo, perché chi in campagna elettorale ha raccontato che avrebbe aumentato gli stipendi e che avrebbe cancellato la Forneo: oggi di tutto questo non c’è traccia».
Ma al di là della polemica, a decidere se uno sciopero si può fare, e in che modalità, è appunto la Commissione di garanzia, un organo formato da cinque membri scelti tra esperti del settore su indicazione dei presidenti della Camera e del Senato, dunque espressione della maggioranza parlamentare, e nominati con decreto del presidente della Repubblica. Anche il governo ha un margine per intervenire sugli scioperi, attraverso la cosiddetta “precettazione”, come viene chiamata la facoltà del presidente del Consiglio o di un ministro o del prefetto competente di imporre limitazioni a uno sciopero o vietarlo del tutto. Ma è un’eventualità piuttosto rara, e comunque per “precettare” c’è bisogno di un parere preventivo della stessa Commissione di garanzia.
La Commissione ha convocato nella sua sede i responsabili di Cgil e Uil. Al termine dell’incontro la Commissione ha ribadito le indicazioni contenute nella delibera: lo sciopero quindi non è stato vietato, ma i sindacati dovranno ridurne la durata per il settore dei trasporti, e indire lo sciopero dei Vigili del Fuoco in una fascia oraria diversa da quella che va dalle 9 alle 13.
La polemica riguarda in sostanza la legittimità dello sciopero convocato da Cgil e Uil. Il diritto allo sciopero è riconosciuto dall’articolo 40 della Costituzione, secondo cui questo diritto «si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano». Queste leggi sono mancate per decenni, però la Corte Costituzionale è più volte intervenuta sul tema tra il 1960 e il 1983, con sentenze che hanno riconosciuto come l’organizzazione e la partecipazione di uno sciopero non possa mai essere reato, neppure quando ha lo scopo di costringere le autorità a promuovere o a ritirare un certo provvedimento, a meno che lo sciopero stesso non sia diretto a sovvertire l’ordinamento costituzionale o a impedire il libero esercizio dei poteri dello Stato. Nel 1990, infine, venne approvata una legge che definisce nel dettaglio i limiti del diritto allo sciopero, individuati nella necessità di contemperare altri diritti fondamentali: quello alla tutela della salute, dell’igiene pubblica e della protezione civile, e poi il diritto ad avere servizi basilari come i trasporti pubblici urbani e extraurbani, le poste, le telecomunicazioni e l’informazione. Vennero introdotti anche alcuni principi che le associazioni devono rispettare, come il minimo preavviso e la necessità di tentare una risoluzione dei problemi attraverso una consultazione coi ministeri o con altre autorità oggetto delle rimostranze, prima di procedere alla mobilitazione.
La stessa legge costituì anche la Commissione di vigilanza, che deve appunto vigilare sul rispetto delle norme. Nel caso dello sciopero del 17 novembre i principi in discussione, richiamati dalla Commissione nella sua delibera, sono due. Da un lato c’è la cosiddetta “rarefazione oggettiva”, secondo cui deve passare un intervallo di tempo minimo tra la convocazione di due scioperi nello stesso settore. Secondo la Commissione questo non verrebbe rispettato nel settore del trasporto aereo (c’è già uno sciopero convocato per il 24 novembre dal sindacato Flai), nel settore della raccolta dei rifiuti (i Cobas hanno indetto uno sciopero per il 24 novembre), e nei Vigili del Fuoco (c’è uno sciopero convocato per lo stesso 17 novembre da un altro sindacato, Usb, tra le 9 e le 13). L’altro principio in discussione è quello della “durata massima della prima azione”: in base a leggi dello Stato o a norme contenute nei contratti collettivi nazionali di riferimento, ogni volta che si proclama uno sciopero si deve rispettare una durata massima, che varia a seconda, che varia a seconda dei settori e delle professioni.
C’è poi la questione delle caratteristiche di uno “sciopero generale”. Secondo la Commissione bisogna rifarsi a una delibera del 2003, approvata dalla stessa autorità insieme ai sindacati, in base alla quale uno sciopero è generale quando coinvolge la totalità dei settori in uno stesso momento. Da questo punto di vista, lo sciopero del 17 novembre non può essere considerato generale dal momento che non vi aderiranno alcuni delle principali associazioni del settore dei servizi energetici. Cgil e Uil hanno contestato questa interpretazione della delibera, ritenuta troppo rigorosa, ma le obiezioni dei sindacati sono state rigettate dalla Commissione, che con una nota ufficiale ha confermato «il contenuto del provvedimento adottato in data 8 novembre».