Il Giurì d’onore sul Mes è finito in farsa. Non ci sarà alcun verdetto. Il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, ha accolto la richiesta di Giuseppe Conte di sciogliere la commissione. Era stato lo stesso leader del M5S a chiederne la costituzione per dirimere la controversia con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sulla vicenda legata all’adesione dell’Italia al Mes. La richiesta di Conte di sciogliere il Giurì d’onore è arrivata a seguito delle dimissioni di due componenti (Stefano Vaccari del Pd, e Filiberto Zaratti, di Alleanza Verdi e Sinistra).
In base al regolamento della Camera, il giurì d’onore è una commissione speciale che può essere istituita su richiesta di un deputato quando quest’ultimo ritiene che un altro deputato abbia leso «la sua onorabilità» in aula. In questo caso, il Giurì d’onore avrebbe dovuto verificare la fondatezza delle accuse sul Meccanismo europeo di Stabilità (Mes) fatte da Giorgia Meloni contro Giuseppe Conte. Lo scorso 13 dicembre la presidente del Consiglio ha accusato il presidente del Movimento 5 Stelle di aver fatto firmare nel 2021 la riforma del trattato del Mes quando il suo governo era dimissionario e contro il mandato del Parlamento.
Il Giurì d’onore sul Mes si è riunito la prima volta il 10 gennaio e il termine dei lavori era stato fissato per il 9 febbraio. La commissione speciale era composta da cinque deputati: Giorgio Mulè (Forza Italia), con il ruolo di presidente, Fabrizio Cecchetti (Lega), nel ruolo di segretario, Alessandro Colucci (Noi Moderati), Stefano Vaccari (Partito Democratico) e Filiberto Zaratti (Alleanza Verdi-Sinistra). Dopo la prima riunione, il giurì d’onore ha ascoltato in audizione sia Conte sia Meloni, che hanno testimoniato di fronte alla commissione il 18 e il 19 gennaio.
Dopo aver raccolto tutta la documentazione necessaria, il 7 febbraio la commissione si è riunita per terminare l’esame della sua relazione conclusiva: in quell’occasione i due membri in quota centrosinistra, Stefano Vaccari del Pd e Filiberto Zaratti di Alleanza Verdi e Sinistra, si sono dimessi sostenendo che nelle sedute svolte fino a quel momento la controversia fosse stata esaminata con interpretazioni di parte, all’unico scopo di dar ragione alla premier. Come conseguenza, il leader del M5s aveva chiesto lo scioglimento immediato della commissione, avendo appreso «con grave sconcerto che sono venuti a mancare i presupposti di terzietà e la possibilità di pervenire a una ricostruzione imparziale scevra da strumentali interpretazioni di mero carattere politico».
Prima della comunicazione dello scioglimento in Aula, Fontana ha incontrato il presidente del Giurì, il deputato di Forza Italia Giorgio Mulè, per comunicargli la decisione. Fontana, spiegano fonti della Camera, ha ringraziato Mulè per l’accuratezza e la precisione del lavoro svolto e per la perfetta aderenza al regolamento della Camera della procedura seguita per giungere alla relazione finale. «Sono stato un arbitro terzo e imparziale e ringrazio il presidente della Camera Lorenzo Fontana che ha riconosciuto l’accuratezza e la precisione del lavoro svolto dalla commissione d’indagine che ho presieduto. Spero che le sue parole siano sufficienti a chi si è avventurato a giudicare il mio operato», ha detto Giorgio Mulè. Per l’esponente azzurro «è singolare che Conte abbia ricavato la certezza di non andare incontro a un parere imparziale semplicemente leggendo la missiva di Vaccari e Zaratti ed è singolare che lui, parte in causa, si erga a giudice», attacca Mulè. «Se fossimo stati in un Tribunale tutto quello che è successo sarebbe stato considerato un oltraggio alla Corte. In questo caso l’oltraggio è stato compiuto nei confronti delle istituzioni, della Camera dei deputati».