Spie, oppositori politici, giornalisti investigativi. La morte di Alexei Navalny si aggiunge a un lungo elenco di casi di “nemici” del presidente russo Vladimir Putin vittime di aggressioni misteriose, avvelenamenti, agguati. Secondo il servizio penitenziario russo Alexei Navalny, 47 anni, considerato a lungo il principale oppositore del presidente russo Vladimir Putin, è morto nella prigione di Kharp, nella regione artico di Yamalo Nenets, dove era stato recentemente trasferito per scontare una condanna a 19 anni.
Il dissidente russo in carcere fin dal suo ritorno in patria dalla Germania, dove era stato ricoverato per un avvelenamento, periodicamente veniva sottoposto al regime di isolamento e a punizioni per la sua condotta e le sue manifestazioni di protesta. Secondo un comunicato diffuso dal servizio penitenziario russo ai media locali, Navalny «si è sentito male dopo una passeggiata e ha perso conoscenza quasi immediatamente». Il comunicato dice anche che lo staff medico sarebbe arrivato subito e che sarebbe stata chiamata un’ambulanza, ma che «tutti gli sforzi fatti per rianimarlo non hanno avuto esiti». La causa della morte non è ancora stata comunicata in via ufficiale, ma il media statale RT, controllato dal governo russo, ha detto che secondo alcune sue fonti Navalny sarebbe morto a causa del distaccamento di un coagulo di sangue.
È sempre più lunga la lista degli oppositori del presidente russo Putin assassinati o scomparsi in circostanze misteriose. A cominciare da Alexander Litvinenko, agente dei servizi segreti russi che aveva lasciato l’incarico accusando Putin di essere il mandante di omicidi e attentati compiuti dall’intelligence per consolidare il suo potere. Rifugiatosi a Londra, è morto dopo una lunga agonia nel novembre 2006 tre settimane dopo aver bevuto un tè trattato con polonio-210 altamente radioattivo. Litvinenko, dal letto di morte, puntò l’indice contro il Cremlino.
Alcune settimane prima era stata uccisa a Mosca la giornalista investigativa Anna Politkovskaya. Anche lei aveva denunciato di essere stata avvelenata, nel 2004, con una sostanza diluita nel tè che però non aveva raggiunto lo scopo. Politkovskaya con i suoi reportage dalla Cecenia aveva denunciato gli abusi e i crimini dell’esercito russo. Fu trovata nell’ascensore del suo palazzo, uccisa a colpi di pistola il 7 ottobre 2006, il giorno del compleanno di Putin. C’è chi si è spinto a parlare di un “regalo” allo zar.
Allo stesso modo viene ucciso Boris Nemtsov, la sera del 27 febbraio 2015. In un agguato per strada, nei pressi del Cremlino. Cinque ceceni vennero condannati ma resta il mistero sul mandante. Nemtsov, vicepremier negli anni Novanta durante la presidenza Eltsin, di estrazione liberale, era diventato uno dei principali sfidanti di Putin in Parlamento condannando, tra le altre cose, l’annessione della Crimea.
Un altro reporter Yuri Shchekochikhin, morì per una malattia improvvisa e violenta nel 2003. Shchekochikhin stava indagando su affari corrotti e sul possibile ruolo dei servizi di sicurezza russi nell’attentato del 1999 attribuito ai ribelli ceceni. I suoi colleghi hanno insistito sul fatto che fosse stato avvelenato e hanno accusato le autorità di aver deliberatamente ostacolato le indagini.
Lo scorso agosto poi, un aereo con a bordo Yevgney Prigozhin, ex chef di Putin e antico sodale dello zar divenuto il controverso leader delle milizie Wagner, protagonista a giugno di una marcia armata verso Mosca che fece temere il golpe interno, precipita nei cieli tra Mosca e San Pietroburgo. Secondo una valutazione dei servizi segreti Usa emersa da fonti anonime, l’incidente in cui morirono tutte e 10 le persone a bordo fu provocato intenzionalmente da un’esplosione; uno dei funzionari disse che l’esplosione era in linea con la «lunga storia di Putin che cerca di mettere a tacere i suoi critici». «Prigozhin era un uomo dal destino difficile ma di talento», lo liquida Putin che non andrà neppure ai funerali. Parole che lasciano aperto un giallo.
C’è anche chi è riuscito a sopravvivere. L’oppositore Vladimir Kara-Murza, attivista e giornalista, è sopravvissuto a quelli che ritiene siano stati tentativi di avvelenamento nel 2015 e nel 2017. Nel primo caso ha rischiato di morire per insufficienza renale e si sospetta che sia stato avvelenato, ma non è stata determinata la causa. Nel 2017 è stato ricoverato per un malessere simile e messo in coma farmacologico. Secondo quanto dichiarato dalla moglie, i medici hanno confermato che è stato avvelenato. Kara-Murza è sopravvissuto ma, ha riferito il suo avvocato, la polizia si è rifiutata di indagare. L’anno scorso è stato condannato per tradimento a 25 anni di carcere. A gennaio è stato trasferito in una prigione in Siberia e messo in isolamento per alto tradimento.
Un altro ex agente dei servizi segreti russi, Sergei Skripal, è stato avvelenato in Gran Bretagna nel 2018. Lui e la figlia Yulia si sono ammalati nella città di Salisbury e hanno trascorso settimane in condizioni critiche. Sono sopravvissuti, ma l’attacco ha successivamente causato la morte di una donna britannica e ha lasciato un uomo e un agente di polizia gravemente malati. Le autorità hanno dichiarato che l’avvelenamento avvenne con l’agente nervino militare Novichok. La Gran Bretagna attribuì la responsabilità ai servizi segreti russi, ma Mosca ha negato qualsiasi ruolo.
Il veleno era apparso sulla scena ancora prima, in Ucraina: nel 2004 Viktor Yushenko protagonista della sfida alle presidenziali contro il filorusso Viktor Ianukovich si ammala gravemente dopo aver ingerito una quantità enorme di diossina. Sopravvive e vince le elezioni, ma rimane sfigurato in volto. I suoi sostenitori hanno sempre accusato Mosca.