La vittoria della candidata del centrosinistra Alessandra Todde alle elezioni regionali di domenica scorsa in Sardegna ha dato nuovo vigore alle tesi di chi, all’interno del Partito Democratico e del Movimento 5 stelle, ritiene imprescindibile la collaborazione dei due partiti per un’alleanza progressista che possa ambire a competere con la destra alle prossime elezioni regionali.
Rinvigorita dal successo a sorpresa in Sardegna, l’opposizione vagheggia il bis anche in Abruzzo il 10 marzo. Sebbene l’uscente di FdI Marco Marsilio abbia perso punti, l’ex rettore teramano Luciano D’Amico, sostenuto da un’alleanza a campo larghissimo, non può esser assimilato all’ex viceministra Alessandra Todde e alla sua capacità di penetrazione nell’elettorato popolare sardo. E soprattutto nella regione adriatica non c’è il voto disgiunto che si è rivelato determinante in Sardegna.
Ma è sulla Basilicata che si concentra l’attenzione del centrosinistra. Sarà probabilmente quella del 21 e 22 aprile in Lucania la partita dirimente per determinare quale dei due schieramenti di presenta meglio alla sfida delle europee e delle successive elezioni amministrative. Perciò nell’opposizione sta crescendo il pressing sull’ex ministro della Sanità, il potentino Roberto Speranza.
Anche se limitato geograficamente e prodotto da una serie di specificità locali, l’esito delle elezioni in Sardegna legittima in buona sostanza questa lettura, se si pensa che, come ha ricordato la segretaria del PD Elly Schlein, «è la prima volta dal 2015 che il centrosinistra strappa una regione alla destra». In quel caso fu la Campania, con la vittoria di Vincenzo De Luca che è tuttora in carica. E del resto già nel 2014, sull’onda del successo clamoroso alle elezioni europee di quell’anno, il Pd guidato da Matteo Renzi aveva vinto in Piemonte, Abruzzo e Calabria, tre regioni fino a quel momento governate dal centrodestra (che all’epoca era meno sbilanciato verso destra). Anche il M5S può rivendicare una vittoria senza precedenti, visto che mai un suo esponente era stato eletto presidente di regione. Non era successo nemmeno quando era risultato nettamente il primo partito.
A questo proposito l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando, del Partito democratico, dice che «non è detto affatto che col campo largo si vinca sempre, ma è evidente che senza campo largo vincere è piuttosto impossibile». Al tempo stesso, però, sarebbe ingenuo elevare il voto in Sardegna a paradigma nazionale.
Non è del resto la prima volta che alle regionali Pd e M5s si presentano alleati. Nei casi precedenti, in Umbria con Vincenzo Bianconi nell’ottobre del 2019 e in Liguria con Ferruccio Sansa nel settembre del 2020, si era arrivati alla definizione di un’alleanza in maniera piuttosto confusa: più che su reali convinzioni dei dirigenti locali, quelle scelte vennero fatte con l’intento principale di solidificare la fragile alleanza appena avviata a livello nazionale. Ma le cose stavolta potrebbero andare diversamente.
La costruzione di un’alleanza solida col M5s è uno dei fondamenti del programma con cui Schlein ha vinto il congresso del Pd, proprio un anno fa. Da questo punto di vista, in attesa dell’esito del voto delle europee di giugno che sarà per lei decisivo, la sua leadership esce per ora rafforzata. Al tempo stesso, però, la costruzione del campo largo ha ancora grosse incognite. Il banco di prova saranno appunto le prossime elezioni regionali.