Aveva fatto agitare banche, costruttori e anche Forza Italia, perché sembrava volesse estendere a 10 anni la durata di tutti i crediti in circolazione: lo farà invece solo per quelli maturati dal 2024 in poi. Il Superbonus cambia di nuovo. Il governo ha presentato alla Commissione Finanze del Senato un emendamento che modifica l’arco di tempo entro il quale è possibile usufruire della detrazione sulle imposte che cittadini e aziende hanno maturato facendo i lavori di ristrutturazione: sarà allungato a 10 anni, il doppio rispetto agli attuali cinque, per tutti i lavori eseguiti dal 2024 in poi. L’obiettivo della misura è diluire su più anni il costo del Superbonus per lo Stato, riducendo i mancati incassi annuali.
Il bonus edilizio introdotto nel 2020, che si è rivelato costosissimo per lo Stato, non era mai piaciuto al governo di Giorgia Meloni. Quello sul Superbonus era un emendamento molto atteso, ma con una certa confusione sui dettagli che aveva agitato molto i costruttori edili e le banche, tra i beneficiari della misura, e anche alcuni esponenti politici di Forza Italia, partito membro della maggioranza di governo. Negli ultimi giorni il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva fatto intendere che la modifica avrebbe riguardato tutti i crediti in circolazione, anche quelli degli anni passati: si pensava cioè che la nuova regola sarebbe stata retroattiva, e che avrebbe quindi scombinato tutti i piani di investimento di banche e imprese, che avevano iniziato a protestare. L’emendamento presentato venerdì chiarisce però che la norma sarà retroattiva solo per i primi mesi di quest’anno, mentre per i crediti più vecchi le cose resteranno come sono.
Per capire l’importanza e l’entità della questione bisogna ricordare il funzionamento del bonus. Il Superbonus dà diritto a uno sconto sulle imposte che lo Stato garantisce per rimborsare (e anzi all’inizio dava qualcosa in più oltre al rimborso) le spese delle ristrutturazioni edilizie che migliorano l’efficienza energetica degli immobili. In origine il Superbonus poteva essere riscosso in tre diversi modi. Il più lineare e sicuro, l’unico rimasto dopo le numerose modifiche del governo Meloni, è la detrazione fiscale per i proprietari delle case che pagano i lavori di tasca propria: le somme vengono sottratte direttamente dalle tasse dovute negli anni successivi.
C’erano poi altre due possibilità, entrambe legate alla cosiddetta cessione del credito, che sono state eliminate perché giudicate insostenibili e troppo permissive. Ma ci sono banche e imprese che hanno ancora a che fare con dei crediti ottenuti quando la cessione era consentita: queste hanno messo a bilancio lo sconto fiscale diluito su 4 o 5 anni, come previsto dalle norme attualmente in vigore, e programmato di conseguenza tutti i loro investimenti. Per questo motivo la possibilità che l’estensione a 10 anni riguardasse tutti i crediti in circolazione aveva agitato molto chi ha già iniziato a detrarre.
L’emendamento prevede che la durata delle detrazioni sia estesa a 10 anni solo per i lavori del 2024 e del 2025, per i quali il credito di imposta è pari al 70 per cento: significa cioè che se si fanno lavori per 10mila euro, se ne potranno ricevere indietro 7.000 sotto forma di credito di imposta, ossia nei prossimi 10 anni sarà possibile pagare 700 euro di tasse in meno rispetto a quelle altrimenti dovute, grazie alla detrazione. Secondo la relazione tecnica allegata all’emendamento, questa modifica riguarderà complessivamente detrazioni per quasi 12 miliardi di euro.
L’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili lamenta che questa misura avrà conseguenze su 16 miliardi di euro di lavori già programmati. All’emendamento è contraria anche Forza Italia che tra i partiti di maggioranza è quello che più convintamente difende il Superbonus e da mesi fa una battaglia per prorogare la misura. Tajani ha detto di volerci «vedere chiaro» sul nuovo testo, a cui bisogna «prestare molta, molta attenzione».