«Non mi fa paura l’idea del referendum e non lo considererò mai un referendum su di me, ma sul futuro del Paese». Ospite di In mezz’ora su Rai 3, parlando della riforma costituzionale sul premierato che sta per essere approvata in prima lettura al Senato, Giorgia Meloni allontana lo spettro di Matteo Renzi: se anche i cittadini bocciassero il progetto alle urne, dice, non lo riterrebbe un motivo per dimettersi, come invece fu costretto a fare l’ex Rottamatore dopo aver personalizzato il voto. «Mi chiedono, “se non passa il referendum è un problema?”. Chi se ne importa», risponde la premier. «Sono pronta a dimettermi qualora venisse bocciato il referendum? No. Io arrivo alla fine dei cinque anni e chiederò agli italiani di essere giudicata. Se la riforma non passa gli italiani non l’avranno condivisa. Tutto il resto sono speranze della sinistra».
Che la legge debba passare per una consultazione popolare è quasi scontato: la Costituzione, infatti, la impone nel caso in cui il testo venga approvato in Parlamento con una maggioranza inferiore ai due terzi. L’approvazione di leggi che riformino la Costituzione ha procedure molto più lunghe del normale e ha bisogno di un sostegno in parlamento più ampio di quello richiesto abitualmente. Non si è ancora certi che questo disegno di legge possa completare tutto il percorso legislativo, ma sarà un tema che terrà banco nei prossimi mesi in Italia. Meloni ha esortato alla prudenza nell’evitare un referendum divisivo sulla Costituzione, ma ha sottolineato l’importanza di coinvolgere direttamente i cittadini nelle decisioni fondamentali per il futuro del Paese.
Il premierato è parte di una proposta di legge che intende modificare la Costituzione soprattutto per rafforzare i poteri del presidente del Consiglio e introdurre la sua “elezione diretta”. Tale disposizione, se approvata, sostituirebbe l’attuale meccanismo elettorale, consentendo ai cittadini di esprimere direttamente la propria preferenza per il capo del governo.
La Costituzione italiana, infatti, prevede che alle elezioni politiche i cittadini eleggano i membri del parlamento, che poi a loro volta esprimono la loro preferenza per un governo e un presidente del Consiglio. Se venisse approvata la riforma, il capo del governo non riceverebbe più l’incarico dal presidente della Repubblica sulla base del risultato elettorale e delle possibili maggioranze in parlamento, ma sarebbero i cittadini a scegliere. Un altro aspetto cruciale della proposta è il limite di due mandati per il premier, al fine di evitare la perpetuazione di un unico governo e favorire il ricambio politico.