L’assunzione di mille nuove unità per il Corpo della Polizia Penitenziaria, ma anche procedure più snelle per concedere di uscire dal carcere in anticipo a chi ne ha diritto, più telefonate per i detenuti e l’istituzione di un albo di comunità adibite alla detenzione domiciliare. Sono alcuni dei punti principali del decreto legge “Carcere sicuro” approvato dal Cdm che nelle intenzioni del ministro Nordio dovrebbe dare delle risposte alla situazione di emergenza degli istituti penitenziari, sovraffollati e segnati nel 2024 dalle drammatiche cifre dei suicidi in questi primi sei mesi, mai così alte.
Secondo gli ultimi numeri del Garante dei detenuti, infatti, il sovraffollamento nei penitenziari ha raggiungo il 130 % e il numero di suicidi ha toccato quota record 47 dall’inizio dell’anno, praticamente uno ogni due giorni (erano 34 nello stesso mese del 2023).
C’è chi lo ha già ribattezzato come un nuovo svuota-carceri, ma il ministro della Giustizia Nordio ha precisato che «l’intento non è quello di aprire le porte per alleggerire la popolazione carceraria, che pure costituisce un problema». Il titolare del dicastero della Giustizia ha detto che si tratta di un «intervento vasto e strutturale che affronta in modo organico un altro settore del sistema dell’esecuzione penale e che potremmo chiamare umanizzazione carceraria».
Il dl prevede misure per la semplificazione e velocizzazione delle procedure per concedere la libertà anticipata ai detenuti che ne abbiano il diritto. In occasione «di ogni istanza di accesso alle misure alternative alla detenzione o ad altri benefici analoghi, rispetto ai quali nel computo della misura della pena espiata è rilevante la liberazione anticipata, il magistrato di sorveglianza accerta la sussistenza dei presupposti per la concessione della liberazione anticipata in relazione ad ogni semestre precedente». L’istanza, continua il testo, «può essere presentata a decorrere dal termine di novanta giorni antecedente al maturare dei presupposti per l’accesso alle misure alternative alla detenzione o agli altri benefici analoghi». In ogni caso, le detrazioni non saranno riconosciute «qualora durante il periodo di esecuzione della pena il condannato non abbia partecipato all’opera di rieducazione». La misure alternative potranno essere decise non più in via provvisoria, ma definitivamente e più rapidamente dal magistrato di sorveglianza, senza passare per il tribunale collegiale.
Il testo prevede inoltre l’istituzione di un albo di comunità che potranno accogliere alcune tipologie di detenuti – come quelli con residuo di pena basso, i tossicodipendenti e quelli condannati per determinati reati – dove potranno scontare il fine pena. L’intervento va nella direzione di consentire ai molti detenuti, soprattutto stranieri e privi di residenza ufficiale, di avere un luogo per la detenzione domiciliare. Previste modifiche alla disciplina del regime detentivo differenziato del 41 bis, il carcere duro per mafiosi e terroristi, con l’esclusione all’accesso dei programmi di giustizia riparativa.
Il provvedimento parla di «un incremento del numero dei colloqui telefonici settimanali e mensili». Nordio ha spiegato che «la possibilità di comunicare in termini più elastici e maggiori con le famiglie sarà un piccolo aiuto psicologico che assieme alle risorse di sostegno psicologico ai detenuti già messe in atto, contribuirà, lo speriamo, a rendere psicologicamente più agevole una situazione che essendo punitiva incide sull’umore e la depressione del detenuto».
Nel decreto ci sono anche una serie di norme sull’assunzione di personale, si parla di mille persone per il Corpo di Polizia penitenziaria tra il 2025 e il 2026. Uno degli articoli riguarda anche anche la modifica di alcune disposizioni in materia di formazione degli agenti di polizia penitenziaria, oltre a modifiche sulla disciplina relativa agli incarichi di livello dirigenziale nel ministero della Giustizia.
Si interviene poi sul reato di indebita destinazione di denaro o cose mobili. «Fuori dei casi previsti dall’articolo 314 del codice penale – la norma che disciplina il reato di peculato – il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, li destina ad un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità e intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei me a tre anni».