Le vere vincitrici sono state loro: le donne. Donne di nero vestite per protestare contro le molestie sessuali ad Hollywood. La 75esima edizione dei Golden Globe Awards 2018 sarà ricordata non tanto per i film e serie tv premiate ma per l’onda nera sul red carpet e per i tanti emozionanti interventi sul tema della violenza di genere. Da quello di Lara Dern, premiata come miglior non protagonista per la miniserie tv Big Little Lies: «Dobbiamo migliorare la vita dei nostri figli e insegnare loro– ha detto dal palco del Beverly Hilton Hotel di Beverly Hills – che si può alzare la voce per denunciare violenze e abusi senza paura delle conseguenze», a quello di Nicole Kidman: «Siamo qui per rappresentare il cuore di quello che raccontiamo nella serie, ovvero gli abusi, e sono sicura che le cose cambieranno da ora in poi» e fino al discorso da standing ovation di Oprah Winfrey per le donne e per i neri.
IL DISCORSO DI OPRAH WINFREY. Salita sul palco, introdotta da Reese Witherspoon, per ricevere il premio alla carriera Cecil B. DeMille Award ha emozionato la platea con un lungo discorso dove ha paragonato il movimento #metoo a quello dei diritti civili degli afro americani, citando Rosa Parks e Recy Taylor, una giovane madre di colore violentata nel 1994 da sei uomini bianchi in Alabama. L’attrice ha iniziato ricordando sé stessa da bambina «quando nel 1964, seduta su un pavimento di lineoleum sentivo pronunciare quelle cinque parole che hanno cambiato la storia: “L’Oscar va a Sidney Poitier”. Era la prima volta che vedevo un uomo nero venire festeggiato. Oggi è un grande privilegio essere la prima donna nera a ricevere questo premio e non dimentico il fatto che ci saranno altre ragazzine che stanno guardando la tv in questo momento». Poi Oprah ha affrontato il tema della violenza contro le donne: «Dire la verità è lo strumento più potente che abbiamo. E mi sento particolarmente forte e ispirata da tutte le donne che si sono sentite abbastanza forti per condividere le loro storie personali, noi siamo abituate a raccontare storie di altri ma questa volta raccontiamo la nostra. Ma non è solo una storia che riguarda l’industria dell’intrattenimento ma trascende qualsiasi cultura, geografia, etnia, religione, politica o posto di lavoro. Questa sera voglio esprimere la mia gratitudine verso tutte quelle donne che hanno sopportato anni di abusi perché loro, come mia madre, avevano figli da crescere, conti da pagare, sogni da perseguire. Per troppo tempo le donne non sono state credute e ascoltate quando hanno osato dire la verità riguardo al potere degli uomini. Ma il loro tempo è scaduto. Voglio dire a tutte le ragazze che c’è un nuovo giorno all’orizzonte, e se questa nuova alba sorgerà sarà grazie alle tantissime donne che questa sera sono qui e tanti uomini fenomenali che combattono perché nessuna in futuro dica più me too».
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TIME’S UP. Come annunciato qualche giorno fa, le star hanno scelto di sfilare con abiti neri come gesto di protesta dopo che è esploso lo scandalo sulle molestie sessuali iniziato con le due inchieste contro Harvey Weinstein e poi continuato con tanti altri uomini di spettacolo da Kevin Spacey a Paul Haggis. La serata è stata anche un’occasione per parlare di iniquità salariale che ha messo in luce come spesso le attrici vengano pagate meno dei loro colleghi uomini per ruoli di altrettanta importanza. Ma è stato anche il debutto ufficiale del movimento Time’s UP. Partito con una lettera aperta sul New York Times e sostenuto da praticamente tutte le attrici di Hollywood – Cate Blanchett, Ashley Judd, Natalie Portman, Meryl Streep, Brie Larson, Reese Witherspoon, Sarah Jessica Parker – è un fondo volto a sostenere psicologicamente ma soprattutto economicamente le vittime di abusi che non possono permettersi le spese legali ed è quindi rivolto alle donne della società civile, studentesse, sarte, cameriere, donne delle pulizie.