Viviamo tempi strani e preoccupanti. Tempi in cui i venti del nazionalismo, della discriminazione, della caccia al diverso – sia questi l’islamico, l’immigrato, il rifugiato o il clandestino della porta accanto – soffiano con forza sui territori dell’Unione Europea. Per fortuna, le istituzioni riescono ancora a dare risposte adeguate a questi fenomeni così corrosivi delle nostre fragili democrazie. Una di queste è sicuramente la nomina a senatrice a vita di Liliana Segre. Ebrea, sopravvissuta alla barbarie nazista, antifascista militante, baluardo della memoria. Una decisione che rappresenta uno schiaffo alla cultura della discriminazione che vede nella diversità un problema e non una risorsa da governare e valorizzare.
IL TRIONFO DELLA VITA SULL’ORRORE. Le leggi razziali, il cui contenuto fu annunciato per la prima volta dal Duce del fascismo, Benito Mussolini, nel 1938, rappresentano ancora oggi la pagina forse più disonorevole della nostra storia recente. Una pagina che Liliana Segre è stata costretta a vivere in prima persona e che le ha lasciato un marchio indelebile sulla pelle. Indelebile come il segno impresso nel libro dell’umanità. È soltanto lontanamente immaginabile cosa possa significare non poter accedere a determinate professioni o non poter andare a scuola con gli altri bambini semplicemente perché di origine ebraica. Eppure è quello che è successo ai tantissimi ebrei italiani sino alla fine del 1944: discriminati e deportati a causa di una normativa ignobile suffragata da una corrente di pensiero capace di partorire un manifesto, apparso sulla rivista “La difesa della razza” nell’agosto del 1938, che affermava un malsano primato della “razza italiana” e delle sue “origini ariane” nonché la necessità per il popolo italico di professarsi “francamente razzista”. Una follia lucida e crudele che ha divorato l’intera famiglia di Liliana, dal padre ai nonni paterni, inghiottiti da quel pozzo nero di crudeltà umana chiamato Auschwitz. Numero di matricola 75190, Liliana Segre è ad oggi fra i 25 sopravvissuti dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati al campo di concentramento di Auschwitz. Un’infanzia consumata nella bocca dell’inferno che l’ha segnata per tutto il resto dell’esistenza tanto da trovare il coraggio di raccontarne i particolari solo nei primi anni Novanta. Da lì in poi, Liliana ha trovato la forza per diventare un punto di riferimento nella testimonianza contro il totalitarismo, il razzismo e la barbarie nazista incontrando scuole e partecipando infaticabilmente a seminari e dibattiti sul tema. La nomina ottenuta dal presidente Mattarella va dunque vista come il riconoscimento di un impegno a 360° per l’uguaglianza e contro la discriminazione, in un momento storico dove fin troppi connazionali indulgono in posizioni politiche vicine alla violenza, all’ignoranza e alla crudeltà di quei tempi, spinti dalla necessità di trovare un capro espiatorio alla difficile situazione socio-economica che è invece frutto di una gestione dissennata della cosa pubblica da parte della classe dirigente degli ultimi decenni.
L’ATTUALITÁ DEL MESSAGGIO DI SEGRE. Una donna di spessore, una personalità autorevole, la portatrice di un messaggio contro l’indifferenza e la discriminazione dei contemporanei, questo rappresenta la neo senatrice a vita Liliana Segre. Il suo impegno si rivolge soprattutto ai giovani allo scopo di seminare sui campi del rispetto e dell’inclusione, allontanando gli adulti di domani dall’indifferenza che corrode i legami sociali e dalla cultura della discriminazione. In uno dei primissimi appuntamenti dopo la nomina a senatrice, Segre ha lucidamente riconosciuto quanto siano attuali gli insegnamenti che provengono dal periodo storico che lei stessa ha vissuto. «La deriva dell’odio, che credevo sepolta insieme alla morte dei totalitarismi, ha rialzato la testa», ha affermato la senatrice ai margini di un evento al liceo Carducci di Milano. La Segre ha anche voluto ricordare quanti hanno perso la vita non perché ebrei bensì perché antifascisti. In tempi così difficili bisogna avere il coraggio di fare delle scelte e di pagarne il prezzo, «anche noi, oggi, dobbiamo fare la nostra scelta contro l’odio e il razzismo»: è stato il suo accorato appello. Un monito quanto mai attuale visti i cattivi esempi che arrivano da tanti Paesi del mondo. Qualche giorno fa Donald Trump ha definito El Salvador e Haiti «un buco di c… di Paese» parlando dei migranti che arrivano sul suolo americano da quelle sponde. L’ex candidata alle presidenziali francesi Marine Le Pen, in un tweet del 2010 aveva paragonato le preghiere in strada dei musulmani francesi a Lione all’occupazione nazista del Paese. Heinz-Christian Strache, leader dell’ultra-destra austriaca e principale alleato di governo del cancelliere Kurtz ha definito l’ex primo ministro italiano, Matteo Renzi, “uno scafista” per le politiche di aiuto ai migranti salvati in mare. In Grecia una delle principali forze politiche nate dopo la terribile crisi economica, Alba Dorata del leader Nikolaos Michaloliakos, si richiama apertamente all’ideologia nazista. L’elenco potrebbe continuare ancora ma non servono altri esempi per sottolineare come la battaglia culturale contro l’intolleranza non è e non sarà purtroppo mai conclusa. Ecco perché non bisogna mai abbassare la guardia. Ecco perché, come afferma la neo senatrice Liliana Segre, non bisogna mai abbandonarsi all’indifferenza.