Il Brasile si rivolta contro la gestione della pandemia da parte del presidente Jair Bolsonaro che ha contribuito a portare il Paese ad essere il terzo al mondo per numeri di contagi, con oltre 16 milioni di persone infettate, con un altissimo numero di decessi, oltre 460mila. Così decine di migliaia di persone sono scese in piazza in quasi 200 città per chiedere l’impeachment del presidente Jair Bolsonaro, responsabile di una gestione della pandemia definita «disastrosa» che ha reso il Brasile uno degli epicentri del Covid-19.
Le manifestazioni, le più grandi dall’inizio dell’emergenza sanitaria, sono state organizzate dai partiti di sinistra e dalle associazioni sindacali e studentesche in numerose città, da San Paolo a Belo Horizonte, da Recife alla capitale Brasília, fino a decine di piccole cittadine in tutto il Paese. Nella metropoli brasiliana molti manifestanti brandivano cartelli che ricordavano i propri cari uccisi dalla pandemia, in un Paese che registra il secondo bilancio peggiore dopo gli Stati Uniti e che ha visto crescere esponenzialmente i contagi e le vittime dall’inizio del 2021.
L’approvazione dell’operato di Bolsonaro — eletto il 28 ottobre 2018 con il 55% dei voti — sta crollando e, stando ai rilevamenti dell’istituto di sondaggi Datafolha, il 45% dei brasiliani ritiene il suo governo «pessimo» o «terribile». Il 57% della popolazione è ormai favorevole alla messa in stato d’accusa del presidente, furiosa per la retorica populista di estrema destra con cui ha guidato il Paese durante la pandemia. A favorire l’indignazione della popolazione sta contribuendo l’inchiesta del Senato sulla gestione di Bolsonaro, che ogni sera domina tutti i telegiornali, ma anche la resurrezione politica dell’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, in carica dal 2003 al 2010 e in carcere per 560 giorni a partire da aprile 2018, dopo una controversa condanna per corruzione e riciclaggio.