Nessuna deroga alla regola del secondo mandato. Alla fine prevale la linea dura di Beppe Grillo e il M5s di Giuseppe Conte deve adeguarsi alle regole dettate dal fondatore. La decisione impedirà a molti esponenti importanti del M5S di candidarsi alle prossime elezioni politiche del 25 settembre. Fine della corsa per Roberto Fico, Paola Taverna, Vito Crimi, Riccardo Fraccaro, Danilo Toninelli, Alfonso Bonafede, Fabiana Dadone e Federico D’Incà, tra i parlamentari più noti (ministri ed ex ministri, ex capi politici e vicepresidenti).
La decisione è arrivata dopo giorni di polemiche, ultimatum e smentite. Secondo alcune ricostruzioni, il fondatore aveva minacciato di lasciare il suo M5s se fosse arrivata la deroga a quella che rappresenta una delle regole più rappresentative. E per Giuseppe Conte, il leader del partito, potrebbe essere un problema: ha il difficile compito di dover recuperare consensi in questi due mesi di campagna elettorale, e senza alcuni candidati storici la situazione potrebbe ulteriormente complicarsi. Su di loro Conte sperava per racimolare qualche voto. La speranza si è però infranta contro il muro eretto da Beppe Grillo. Per il garante, come aveva spiegato in un video sul blog, la regola del secondo mandato «è come luce nelle tenebre». Grillo si è anche detto contrario alla regola della “rotazione”, ovvero la possibilità di candidarsi a un consiglio regionale o comunale dopo due mandati in Parlamento e viceversa.
Oltre ai big tra senatori e deputati il conto di chi non sarà presente in Parlamento, al netto di chi ha seguito il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, arriva a una cinquantina di eletti. La decisione spalanca le porte del M5s al figliol prodigo Alessandro Di Battista, che di mandato parlamentare ne ha svolto solo uno, rinunciando a ricandidarsi nel 2018, mentre circolano voci di una candidatura di Chiara Appendino. Qualche maligno sostiene che in realtà Conte si sia tolto un pensiero: ora avrà spazio nelle liste per i suoi fedelissimi che hanno una sola legislatura all’attivo, e potrà magari simulare di aver preso lui la decisione, cercando di dimostrare che il suo M5s non deraglia dai principi originari.
Secondo i retroscena politici sembrava che Conte stesse cercando di convincere il fondatore Beppe Grillo, grande sostenitore della regola, a fare delle eccezioni solo per alcuni di questi esponenti più noti, in modo da poterli inserire nelle liste elettorali. Inoltre, aveva proposto di passare per il voto online degli iscritti al Movimento, ma evidentemente anche questa soluzione non ha convinto Grillo. Fare delle eccezioni tra i candidati al secondo mandato sarebbe comunque stato un grosso rischio, perché quelli esclusi dalla deroga avrebbero avuto di che lamentarsi con i vertici del partito.
Si apre ora una nuova partita per chi non potrà più essere candidato. E se qualcuno, come Alfonso Bonafede, per dire, si è già rimesso a fare l’avvocato gli altri sono in cerca di una nuova occupazione. Conte dovrà sistemarli da qualche parte, magari con un incarico nel partito: si annuncia per l’ex premier un periodo da navigator, il suo ufficio verrà trasformato in un centro per l’impiego per parlamentari diseredati. Ma molti potrebbero andare a bussare alla porta dell’ex grillino Luigi Di Maio.