L’Italia e quella tentazione di armarsi che non passa mai di moda. Sicurezza e armi, binomio indissolubile e spesso al centro del dibattito politico. Nonostante il Censis certifichi una diminuzione dei reati contro la proprietà e contro la persona. In particolare, gli omicidi si riducono dai 611 del 2008 ai 343 dell’ultimo anno (-43,9%), le rapine passano da 45.857 a 28.612 (-37,6%) e i furti scendono da quasi 1,4 milioni a poco meno di 1,2 milioni (-13,9%). Nonostante ciò, la percezione del 39% del campione analizzato è di diffusa insicurezza e molti connazionali vorrebbero armarsi per provvedere da soli alla propria difesa. Sopratutto anziani (il 41% tra gli over 65) ed i meno istruiti (il 51% tra chi ha al massimo la licenza media). E pensare che, ad oggi, sono quasi 1.400.000 le licenze rilasciate per il porto d’armi (+ 13,85% solo nell’ultimo anno). Si può ritenere che oggi, complessivamente, c’è un’arma da fuoco nelle case di quasi 4,5 milioni di italiani (di cui 700.000 minori). Un dibattito simile continua a tenere banco anche in America a riprova della sua delicatezza e della sua attualità.
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LA LEGITTIMA DIFESA IN ITALIA. L’esercizio della legittima difesa è oggi regolato dall’articolo 52 del codice penale e si configura come causa giustificativa nei confronti di comportamenti che sarebbero di norma antigiuridici. Punto cardine della norma è la proporzione tra l’esercizio della difesa ed il pericolo arrecato all’incolumità personale propria e dei propri familiari e/o affini. Si può, concretamente, sparare soltanto quando la nostra vita o la vita di chi ci sta vicino è concretamente minacciata e non per difendere semplicemente i propri beni dal furto. La norma infatti recita: «Taluno legittimamente presente nel proprio domicilio o in un luogo ove venga esercitata attività commerciale, professionale o imprenditoriale usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere la propria o la altrui incolumità o i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione». La violazione di queste prescrizioni, potrebbe portare il soggetto ad essere imputato per eccesso colposo di legittima difesa ai sensi dell’art.55 del codice penale o, peggio, per lesioni o omicidio colposo e/o volontario. Tra le attenuanti considerate va sottolineata in particolare la figura del “grave turbamento psichico”. La situazione di «grave turbamento», già prevista dal codice, viene valutata dal giudice nei casi, ad esempio, in cui una aggressione avvenga «di notte», da parte di una persona armata o con il volto coperto che compia un assalto «violento, con minaccia e inganno», in una casa con persone anziane, donne o bambini o ai danni di qualcuno che abbia già subito precedenti aggressioni.
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LO SPRINT DELLA LEGA. Sull’argomento è recentemente tornato Matteo Salvini per rilanciare la proposta di legge “Molteni”, già presentata nella scorsa legislatura. Una semplificazione della fattispecie che consentirebbe di utilizzare la legittima difesa con la sola violazione del domicilio o del luogo di lavoro. La novità si riassume nell’articolo 1 del testo già presentato a marzo: «Si considera che abbia agito per legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’ingresso o l’intrusione mediante effrazione o contro la volontà del proprietario o di chi ha la legittima disponibilità dell’immobile, con violenza o minaccia di uso di armi di una o più persone, con violazione di domicilio». Un’interpretazione che potrebbe anche aprire profili di costituzionalità. Andrebbero infatti a confliggere due diritti di rango costituzionale. Il diritto alla proprietà sancito dall’art.42, che è pero condizionato dalla legge, ed il diritto alla vita che è mutuato dalla Convenzione sui Diritti dell’Uomo del 1948, grazie all’art. 2 della Costituzione, e che rappresenta invece un diritto assoluto che non può trovare limitazioni.