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Lui è tornato: e se la fantasia preannunciasse la realtà?

Fabrizio Chillemi di Fabrizio Chillemi
Gennaio 16, 2019
in Cultura
Tempo di lettura: 5 mins read
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Lui è tornato (film)

Lui è tornato (film)

Teorici del complotto ma anche studiosi autorevoli. In molti nel corso dei decenni hanno messo in dubbio che il Fuhrer di Germania si fosse tolto realmente la vita nel suo bunker di Berlino il 30 aprile del ‘45, ma due cose sono realmente certe: la prima è che Adolf Hitler, anche se sopravvissuto, non si è mai più visto in giro; la seconda è che, anche se non si fosse sparato in testa mentre l’Armata Rossa bussava alla sua porta, il dittatore austriaco naturalizzato tedesco oggi, biologicamente, non potrebbe essere più al mondo, considerato che dovrebbe compiere 129 anni il prossimo 20 aprile. Ma si sa, l’arte non si pone limiti spazio-temporali, e così lo scrittore Timur Vermes, poi ripreso in un film del 2015 dal regista David Wnendt, ha immaginato che l’autore della strage di innocenti più grande della storia si risvegliasse oggi, nel ventunesimo secolo. Una storia da ridere che alla fine, però, mette una paura e un’angoscia che neanche l’Esorcista …

LA TRAMA. Un regista squattrinato che lavora per un’emittente di Berlino, Fabian Sawatsky, nel tentativo di mantenere il suo posto presso la redazione, gira una sorta di documentario su dei ragazzini che giocano a pallone. Alle loro spalle, però, uno strano figuro vestito da Adolf Hitler si alza da terra e Sawatsky, incuriosito, gli va incontro. Non sa che quello che lui crede essere un attore è in realtà il vero Fuhrer. Da qui ne scaturiscono situazioni paradossali: Sawatsky fiuta il colpaccio intuendo il talento di quello che sembra un comico talmente capace da non riuscire a venir fuori dal suo personaggio. Parte così un viaggio attraverso una Germania, quella del 2014, che in estate si è sentita unita sotto il tifo per la Nazionale multietnica campione del mondo, ma che cova sempre di più revanscismo nazionalista e diffidenza verso lo straniero. Così il dittatore più sanguinario della storia, acciaccato nel fisico ma non nell’intelletto, viene a conoscenza delle potenzialità del mondo moderno in quanto a comunicazione, e comincia a progettare un piano per riconquistare il suo Reich e, con esso, il mondo.

IL PARADOSSO DELLA REALTÀ. “Lui è tornato” (titolo originale Er ist wieder da), è sulla carta un film comico e parodiale; tuttavia al suo interno troviamo spunti di riflessione molto interessanti. La Germania con cui il redivivo Fuhrer ha a che fare è la stessa del 1933 che egli stesso conquistò. Vi sembra un paragone azzardato? Analizziamo meglio. Quando Hitler divenne il nuovo cancelliere tedesco, a Berlino e in tutto il paese vi erano squilibri economici evidenti e un’aria di crisi circondava un paese che era uscito pesantemente ridimensionato dalla Prima Guerra mondiale; situazione simile a quella di oggi, in cui la Germania ha un peso politico molto più grande, ma vede permanere al suo interno divisioni e contrasti, con le stesse spinte nazionaliste che si potevano notare 85 anni fa. E quando c’è crisi la cosa più semplice da fare è identificare e combattere un nemico: 80 anni fa la Francia, il comunismo e gli ebrei; oggi l’Europa Unita, la democrazia e gli stranieri. Con le dovute differenze (come detto la Germania oggi è politicamente molto più forte di quella in cui il Fuhrer conquistò il potere), possiamo notare che i periodi di crisi economiche e ideologiche sono terreno fertile per la crescita esponenziale dei nazionalismi. Nel film ci sono scene nelle quali Hitler, impersonato da Oliver Masucci, interagisce con persone allo scuro del fatto che si trovassero in una pellicola cinematografica, e le reazioni della gente alla sua vista, in alcuni casi, fanno accapponare la pelle per la paura. Sia giovani che anziani, infatti, intervistati dagli attori parlano in maniera sinceramente convinta della necessità del ritorno di un potere forte come era stato quello nazista, soprattutto in ottica di difesa della patria dall’invasione straniera. Una situazione che fa decisamente riflettere.

LA MEMORIA CORTA. Siamo sempre fermi allo stesso punto: la gente ha la memoria corta. Come si può infatti oggi rimpiangere l’assassino più efferato della storia? Hitler è stato considerato, ex post, il nemico pubblico numero uno ed è stato sempre stigmatizzato da qualsiasi forza democratica. Ma le idee, evidentemente, non si sconfiggono solamente diffamando, seppur a ragione, un personaggio del genere. Il problema è culturale, e permea la società europea. Ciò che il film ci fa vedere in Germania, è semplicemente la punta dell’iceberg di un continente che ha avuto da sempre la presunzione di essere qualcosa di meglio rispetto al resto e alla reale natura di se stesso. E a queste considerazioni di carattere culturale, se ne affiancano altre, e più importanti, politiche. Il nazifascismo in Europa non è mai stato sconfitto, neanche dopo la fine della guerra, e questo perché chi ha avuto al termine del conflitto l’influenza sugli stati economicamente forti nella zona, ovverosia gli USA, hanno preferito accontentare e tollerare i neofascisti in chiave anticomunista. Stessa cosa del resto fatta sempre dagli Stati Uniti con l’Isis in chiave anti – Al Qaeda, coi risultati che oggi conosciamo. In questo modo nel Vecchio Continente partiti di chiara ispirazione fascista esistono da svariati anni e in forma legale. E oggi, complice appunto la situazione di crisi, le spinte provenienti dall’estrema destra rischiano di tenere in scacco l’Unione Europea e i suoi stati per i prossimi anni. La destra di ispirazione neofascista e, in generale, tutti i partiti che attingono ai sentimenti di questo schieramento come xenofobia, nazionalismo intransigente e autarchia, stanno ottenendo consensi in quasi tutte le nazioni. Basti vedere la situazione austriaca o francese. In molti hanno esultato al successo di Macron sulla Le Pen, dimenticandosi però che questa è stata una vittoria di Pirro considerato che il secondo partito di un paese importante e democratico come la Francia è di chiara ispirazione fascista (il fondatore, padre di Marine, definiva il Maresciallo Petain, fantoccio dei nazisti e responsabile delle deportazioni ebree nel territorio francese occupato, un eroe).

LA GENESI DI UNA DITTATURA. Dimentica la gente, o peggio non sa, che l’ascesa di Hitler passò anch’essa da risultati elettorali in crescita esponenziale che lo portarono, democraticamente, al potere. Democraticamente. Adolf Hitler non si rese protagonista di una guerra civile o di un colpo di stato. Fu semplicemente eletto al Reichstag. Sta qui il punto focale della mia riflessione: il popolo ha lottato per avere il diritto al voto, ma di tanto in tanto decide di gettare il proprio dono in pasto alla paura. Questi partiti infatti fondano la loro forza sul terrore e sull’ignoranza, cosicché, mentre i terroristi incutono timore con le pistole, i leader di questi schieramenti lo fanno con le parole. Dimentica la gente che l’Africa è stata resa schiava dalle loro gloriose madrepatrie, e che il fatto che oggi migliaia di disperati solcano il mediterraneo su gommoni è il risultato proprio di quelle politiche nazionalistiche e di conquista che tanto oggi rimpiangiamo. Dimentica la gente che la storia è ciclica, e in un mondo moderno sempre più antico, se ci rendiamo responsabili degli stessi errori del passato, rischiamo di sprofondare in un nuovo e più profondo buio. Il film termina con una vecchina affetta da Alzheimer che alla vista di Hitler inorridisce e non placa il suo sdegno neanche dopo che sua nipote cerca di spiegarle che è solo un comico. La nonnina però dice una santa verità: anche del Fuhrer ridevano, e poi ha messo il mondo a ferro e fuoco. Mai abbassare la guardia, mai sottovalutare il nemico. Mai smettere di ricordare.

Tags: Adolf HitlerDavid WnendtFascismoNazionalismoNazismoNeofascismoOliver MasucciTimur VermesXenofobia
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