Anche stavolta sono state alcune immagini sconvolgenti a colpire l’opinione pubblica su quello che sta succedendo in Siria. I volti di quei bambini “gasati” da un attacco chimico nella zona di Douma, area a est di Damasco, ormai finita nelle mani del regime di Bashar al-Assad. Una cinquantina le vittime, forse anche di più, dozzine gli intossicati. Quelle immagini, quei bambini con le maschere anti-gas, non hanno risvegliato solo i governi di Usa e Russia già pronti a nuovi attacchi, ma anche le redazioni di tutto il mondo. Pubblicarle o non pubblicarle, questo l’eterno dilemma. È successo recentemente dopo gli attacchi terroristici sul lungomare di Nizza nel 2016 e sulla Rambla di Barcellona nel 2017. Ma tutti ricorderanno la foto del piccolo Alan trovato morto sulla spiaggia di Bodrum in Turchia nel 2015.
QUANDO PUBBLICARE LE FOTO. Come sempre capita dinnanzi a immagini controverse si è sviluppato un dibattito sull’opportunità o meno di pubblicare le immagini sulle conseguenze dei gas del regime contro i civili a Douma. A monte c’è, però, una questione antica: è giusto fotografare il dolore? Quelle foto fanno male. E devono fare male per ottenere qualche effetto. E allora si può pubblicare la foto di un bambino colpito da un attacco chimico? Sì, si può. In qualche caso, si deve. Se tutto questo viene fatto con cautela e consapevolezza, senza cadere nella morbosità, allora forse quelle immagini potranno riuscire a smuovere qualche coscienza che ancora doveva rendersi conto pienamente dell’entità della guerra in corso da sei anni in Siria, o addirittura, a cambiare il corso della storia.
LE FOTO CHE HANNO SCOSSO LE COSCIENZE. Pochi ricordano il nome di Kim Phúc, ma quasi tutti ricordano la sua foto. Aveva nove anni quando, l’8 giugno 1972, venne fotografata mentre scappava, nuda e in lacrime, dopo un attacco al napalm a in Vietnam. La foto venne scattata da Nick Ut della Associated Press e vinse il premio Pulitzer. Se la guerra del Vietnam è finita un po’ prima, se altri bambini non sono morti, è anche a causa di quella foto, che sconvolse l’America. Anche l’immagine del piccolo Alan disteso sul bagnasciuga di Bodrum ha avuto un senso nel raccontare al mondo il dramma dei migranti. È passato solo qualche giorno dalla pubblicazione della foto sulle principali testate mondiali quando il governo tedesco di Angela Merkel decise di dare asilo a 800 mila siriani. Ma la guerra in Siria è proseguita e prosegue ancora. Si susseguono le notizie di morte e distruzione causate dalle bombe, ma nulla è più forte della foto di Omran seduto dentro un’ambulanza dopo essere stato estratto vivo dalle macerie di un edificio ad Aleppo. Le foto di Omran e dei bambini siriani vittime del gas vanno pubblicate se possono in qualche modo contribuire alla fine di questa orribile guerra.
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