«Sono ministro da quattro mesi e non posso rispondere di ciò che è accaduto anni fa. Se qualcuno in divisa sbaglia, paga come e più degli altri perché ruba la fiducia anche ai cittadini. Non condivido però la criminalizzazione di tantissimi uomini delle forze dell’ordine, chiamati assassini, sbirri e delinquenti». Così il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in un’intervista all’Unione Sarda risponde a una domanda sul caso di Stefano Cucchi. «Il Viminale è aperto a tutti – ha ribadito il ministro – in primis a chi ha subito un lutto o un torto. La sorella, la famiglia, i parenti e gli amici sono i benvenuti. Se lo Stato ha sbagliato chiederà scusa nei fatti punendo i colpevoli e risarcendo i colpiti». Le parole del vicepremier arrivano dopo che la sorella di Cucchi, a seguito dell’invito del Viminale, aveva risposto: «Ci andrò il giorno in cui il ministro dell’Interno chiederà scusa a me, alla mia famiglia e a Stefano».
IL DUELLO TRA ILARIA E SALVINI. E Le scuse sono arrivate. Quelle del rappresentante dello Stato, ma non quelle dell’uomo. Non arrivano le scuse per quelle parole pronunciate a «La Zanzara» su Radio 24 nel gennaio 2016 da Matteo Salvini, allora leader del Carroccio, dopo un post di Ilaria pubblicato Facebook che mostrava la foto di Tedesco al mare in costume da bagno: «Capisco il dolore di una sorella che ha perso il fratello, ma mi fa schifo. È un post che mi fa schifo (aggiunse dopo un’interruzione per un problema di linea), mi ricorda tanto il documento contro il commissario Calabresi». «Preferisco non commentare uno come Salvini – era stata la risposta di Ilaria Cucchi – Lui non capisce il mio dolore. Un fratello l’hanno ammazzato a me e non a lui». Adesso che, dopo le rivelazioni di Tedesco sul pestaggio, la verità sulla morte del trentenne romano appare ormai vicina Salvini, attraverso il suo ufficio stampa, smentisce «di aver mai detto Ilaria mi fa schifo. Speriamo che finiscano manipolazioni e falsità, e che ci sia un incontro con i familiari di Stefano».
STEFANO, SCUSACI. Nei giorni scorsi sono arrivate le scuse del ministro per il Sud Barbara Lezzi: «Le scuse di Salvini attengono a Salvini. Io come membro del governo chiedo scusa per tutti questi anni di attesa. Quello che è successo alla famiglia Cucchi è atroce, questa orribile vicenda getta un’ombra terribile sul nostro Paese. Ringrazio Ilaria e la sua caparbietà e determinazione». presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, interviene sul caso Cucchi, dopo la testimonianza del carabiniere Francesco Tedesco: «Ogni volta che un pubblico ufficiale, che rappresenta lo Stato, si comporterà male e anziché proteggere un cittadino verrà meno ai suoi doveri io chiederò scusa a nome dello Stato. Chi ha sbagliato dovrà pagare perché ovviamente indossava la divisa dello Stato e rappresentava lo Stato, quindi la cosa è ancora più grave. Dobbiamo accertare le responsabilità individuali, non possiamo scaricare le responsabilità sull’intero corpo dei carabinieri e delle forze dell’ordine in generale, che tutti i giorni si impegnano per tutelare le nostre vite, la nostra incolumità, la nostra sicurezza». Arrivano anche le scuse dell’Arma dei carabinieri. «L’Arma si scusa sempre quando alcuni dei suoi componenti sbagliano e viene accertato che vengono meno al proprio dovere – ha detto Giovanni Nistri, comandante generale dell’Arma dei carabinieri – Ci sono episodi esecrabili per i quali l’Arma si deve scusare, non come istituzione, ma perché alcuni suoi componenti infedeli sono venuti meno al proprio dovere anche nei confronti dell’Arma stessa».
AD UN PASSO DALLA VERITÀ. Intanto, nel secondo filone di inchiesta, aperto dopo la deposizione di Francesco Tedesco, il carabiniere imputato che ha denunciato le responsabilità di colleghi e superiori coinvolti nella vicenda, ci sono almeno altri quattro indagati. Tra questi Massimiliano Colombo comandante della caserma di Tor Sapienza, una delle stazioni dove Stefano, morto ad ottobre del 2009 dopo una settimana dal suo arresto, fu trattenuto. Colombo è indagato per falso ideologico ed è stato tirato in ballo indirettamente da Francesco Di Sano. Quest’ultimo ha ammesso nel processo attuale di aver dovuto ritoccare il verbale senza precisare da chi gli fu sollecitata la modifica. Di Sano aveva scritto una seconda versione del rapporto dalla quale aveva eliminato alcuni dettagli sulle condizioni di Stefano la mattina dopo l’arresto, come «il non poter camminare» per i dolori, tanto da dover «essere aiutato a salire le scale». La prossima settimana toccherà proprio a Colombo dare la sua versione dei fatti al pm. Dalle parole del comandante potrebbe dipendere il destino dei più alti in grado che all’epoca acquisirono informazioni sul caso Cucchi senza adottare poi alcun provvedimento. C’è da capire, infatti, fino a che livello i vertici dell’Arma fossero a conoscenza del pestaggio.